“La confessione” di Tolstoj

La confessione di Lev Nicolàevič Tolstoj è l’opera che rappresenta uno spartiacque netto nell’intera vita dello scrittore russo, segnando l’inizio di una profonda rivoluzione interiore che ne condizionò tanto la vita sociale quanto la produzione letteraria. Narrazione contemporaneamente breve ed intensa, essa venne elaborata dopo il romanzo Anna Karenina e prima della stesura della Sonata a Kreutzer e fu conclusa nel 1882, non venendo però immediatamente data alle stampe. Tale opera rappresenta il punto di frattura del pensiero complessivo dell’autore, giunto ad una acuta rivalutazione della sua esistenza.

Cogliendo nel proprio intimo una profonda crisi etica, Tolstoj si immerge nell’analisi dei sintomi destinati a rivelare un senso di inadeguatezza rispetto alla percezione della fede. Ne scaturisce un sentimento corrispondente ad una generale incomprensione della religione e della conseguente esperienza mistica di ogni individuo che egli interroga. Dal continuo e instancabile ricorso al dubbio e alla distruzione di falsi miti nasce l’autentica rivelazione di Tolstoj, che prende avvio nel momento in cui egli rifiuta la fede banale e passiva (“Sono stato battezzato ed educato nella religione cristiana ortodossa il cui insegnamento mi è stato impartito fin dall’infanzia e per tutto il periodo della mia adolescenza e della mia giovinezza. Ma quando, ormai diciottenne , terminai il secondo anno di università, già non credevo più a nulla di quel che mi era stato insegnato”).

In base alla viva autoanalisi che compie scrutando il percorso religioso di tutta la sua vita, Tolstoj approda al disprezzo di molte forme che potrebbero rappresentare solo apparentemente il fine dell’esistenza: rifiuta il comportamento degli aristocratici e degli epicurei, che secondo la propria indagine hanno costruito dei meri appigli per godere di piaceri inutili, poiché in fondo non servono ad evitare eventi ineluttabili. Allo stesso modo condanna la propria tenacia nell’autoperfezionamento, utile soltanto a migliorare sé stesso nei confronti del prossimo.

 

Il punto sul quale sembra fondamentale riflettere in merito a tale opera è la tesi finale dell’autore: la fiducia riposta nelle classi sociali inferiori, dedite al lavoro e all’osservanza di riti tradizionali. Condurre una vita nello spirito del sacrificio può essere una soluzione ai mali dell’esistenza? Lo scrittore russo sembra affermarlo, affidandosi maggiormente al comportamento delle masse invece che a quello degli uomini colti, indaffarati in occupazioni frivole e sterili. La questione attualmente dev’essere dirottata su un ulteriore problema: che cosa penserebbe Tolstoj nel secolo in cui le stesse masse sono oggetto di vizi vani ed immerse nella crisi dei valori?

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