Sta succedendo qualcosa nel nostro Paese e dovremmo preoccuparci. È un fenomeno che sta dilagando in ogni dove: dai social network, in cui è più evidente, fino alla vita di tutti i giorni, dalle conversazioni da bar ad atti veri e propri, che spesso fanno spavento.
Sto parlando dell’odio dilagante che scorre nelle strade; odio verso il diverso, verso l’altro, che sia straniero o concittadino che ha deciso di vivere la propria vita in modo diverso dalla nostra. Odio che gronda nei commenti su Facebook, anche quando è fuori luogo, non richiesto (non che l’odio sia mai richiesto da nessuno).
A poche ore dal terremoto che ha colpito il centro Italia, provocando centinaia di vittime, lasciando migliaia di persone senza casa, costrette ad abbandonare la propria vita e a piangere i propri cari, eccoli lì pronti, dita sulla tastiera, i propugnatori d’odio.
Non è una questione politica, o ideologica, questa dell’odio: è un sentimento che coinvolge migliaia di persone, trasversalmente, e che fa paura. Fa paura perché cresce da anni, lentamente e viene appoggiato anche da persone che hanno un certo rilievo nella società. E se ci ritroviamo a legittimare l’odio, questo non può far altro che portarci a essere l’uno contro l’altro, sempre di più. La paura sovviene nel momento in cui si pensa a cosa potrebbe portare questo odio, a quali risvolti potrebbe avere nella società, se portato all’estremo.
La storia ci ha insegnato molto bene a cosa può portare l’odio: genocidi e guerre, sono molto spesso il risvolto non solo di azioni politiche e tattiche, ma di un sentimento comune a una popolazione, che muove i popoli, se supportato da chi governa.
Non viviamo in un bel mondo, spesso è difficile, di fronte a fatti eclatanti, non lasciarsi prendere la mano e additare chi è diverso da noi come qualcuno di cattivo, che mina alla nostra serenità. Ma dovrebbe essere un esercizio che dovremmo sforzarci di fare: capire il prossimo, distinguere ciò che è giusto ed è sbagliato e, soprattutto, non generalizzare. Non possiamo odiare un intero popolo, un’intera religione, per colpa di pochi. Non si può addossare la colpa di coloro che a loro volta inneggiano all’odio su coloro che questo odio non lo condividono.
Rispondere all’odio con l’odio non può essere il modo giusto di agire.
Il “luogo” in cui questo odio è più evidente e più deciso, è sicuramente sui social network. Basta leggere i commenti a un post vagamente politico o che tratti di un tema sociale, ed ecco che compaiono davanti ai nostri occhi, uno dopo l’altro, centinaia di commenti, spesso molto simili tra loro, grondanti astio e cattiveria. Non importa quale sia l’argomento: immigrazione, terrorismo, unioni civili, discussioni politiche di vario genere. Di qualunque cosa si stia parlando, non bisogna cercare troppo per trovare un nome di fianco a un’immagine del profilo che dà la colpa, insulta qualcuno, sulla base di preconcetti, supposizioni, spesso senza conoscere in modo approfondito i fatti.
Il risvolto più evidente di tutto questo impegno a odiare si può riscontrare in un fenomeno che dovrebbe farci rabbrividire, poiché ci sta portando a perdere un aspetto fondamentale del nostro essere persone: l’umanità. Tornando al terremoto del centro Italia, in cui hanno perso la vita quasi 300 persone, la perdita di umanità è un dato non solo evidente, ma terrorizzante. Di fronte a centinaia di vittime e paesi interamente distrutti, a persone che hanno perso, tutto costrette anche a piangere i propri cari, i propugnatori d’odio non sono riusciti a esprimere la loro solidarietà o l’ovvia tristezza che un evento del genere provoca. No, hanno immediatamente avviato un battaglia, colma di risentimento, senza pensare di poter essere fuori luogo, o che quello non fosse il momento di aggredire, ma solo quello di tacere, portare rispetto per le vittime e le loro famiglie, senza “sciacallare” su un avvenimento così tragico solo per portare avanti le proprie ideologie.
La domanda allora sorge spontanea: se non sappiamo mettere da parte il rancore immotivato nemmeno davanti a tutto questo dolore, che fine farà la nostra società?
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