Quando l’arte ispira la musica: i Quadri di Mussorgskij

Immaginate di entrare con un vostro amico a una mostra di un artista che ammirate. Al vostro ritorno a casa, vorrete avere un qualcosa in grado di riprodurre le sensazioni e le emozioni che i quadri hanno prodotto su di voi. Oggi avremmo semplicemente risolto con una caterva di foto scattata dal nostro smartphone di fiducia. Ma nel 1874, quando il musicista russo Modest Mussorgskij visitò l’esposizione – e la fotografia era un lusso – di quadri del suo prematuramente scomparso amico Victor Hartmann, decise di immortalare le emozioni da lui percepite dinanzi a questi quadri… in una composizione musicale. Nacque così la suite per piano Quadri di un’esposizione, un viaggio nel mondo dell’arte trasferita in musica, composta da Mussorgskij tra il 2 e il 22 giugno 1874, musicata per orchestra da Maurice Ravel nel 1922. Il titolo originale dell’opera era Hartmann, in memoria dell’amico scomparso.

La suite si compone di 15 brani, di cui 10 dedicati ai quadri dell’esposizione e 5 Promenade, pezzi di transizione tra quadri singoli o coppie di quadri. In questi brevi interludi Mussorgskij sfoggia tutta la sua carica innovativa sia ritmica – il tema principale è in 5/4 o 6/4, alternando misure composte pari e dispari – che armonica, con una variazione del tema che riflette la variazione dello stato d’animo dello spettatore mentre passa da un quadro all’altro.

Alla prima Promenade fa seguito il primo quadro, Gnomus, un nano malvagio che si aggira nella foresta, resa con il suono sinistro di accordi dissonanti e distanze di intervallo fra note (intervalli) inusuali per l’armonia tonale ottocentesca. Si passa, dopo una seconda Promenade, al secondo quadro, Il Vecchio Castello, dove un trovatore sta suonando una malinconica melodia d’amore al di fuori delle vecchie mura di una città, tradotto in musica da un andante lento, cantabile e dall’atmosfera trasognata.

Schizzo di Hartmann per il balletto Trilby, di J. Gerber. ”Pulcini, racchiusi in gusci d’uovo come armature. Invece di un copricapo, teste di canarino messe come elmi”.

Allontanandosi dal malinconico castello, il terzo quadro ci propone una folla di bambini che giocano allegramente di fronte ai giardini delle Tuileries, sotto lo sguardo attento delle governanti. Gli immancabili bisticci e capricci infantili – resi da improvvise accelerazioni della melodia – si intrecciano a tipici motivi di canzoni popolari infantili dell’epoca. Alla leggerezza spensierata dei bambini fa invece da contraltare la pesantezza del Bydlo, lento e mastodontico carro polacco che avanza lentamente nel fango della campagna. La pomposità orchestrale raggiunge in questo episodio uno dei suoi livelli massimi, per sottolineare l’incedere graduale del carro, sempre più vicino allo spettatore.

Una ripresa più spensierata del tema della Promenade conduce al Balletto dei pulcini nel loro guscio, una rapidissima sequenza di acciaccature e abbellimenti musicali che ornano un minuto circa di pura leggerezza danzereccia. Da questa leggerezza si passa subito alla gravità e alla tensione del diverbio tra Due ebrei polacchi, l’uno ricco e l’altro povero, quadro divenuto famoso con la denominazione postuma Samuel Goldenberg e Schmuyle. Il tema dell’ebreo ricco, gonfio e potente a livello orchestrale, va poi a sovrapporsi in maniera quasi arrogante su quello dell’ebreo povero, più dimesso e sobrio: l’intreccio di toni riflette la lite rappresentata nel quadro.

Di lite in lite, si arriva al mercato di Limoges, dove una vivace discussione, tratteggiata da vivaci movimenti e contromovimenti melodici a restituire il senso di agitazione nella convulsa frenesia del mercato di un borgo. Dalla vivacità fin troppo esuberante del mercato si passa senza soluzione di continuità al mondo cupo delle Catacombae di Parigi e al sottocapitolo, Cum mortuis in lingua mortua in cui dal quadro in cui l’autore Hartmann si addentra con una lanterna nelle catacombe si passa alla visione del simbolo classico della morte: il teschio. La cupezza di questi luoghi e questi pensieri si rispecchia in pieno nell’orchestrazione piena di dissonanze e di tremoli, che ci portano verso la fine dell’esposizione, con i suoi ultimi quadri.

”Progetto di una porta a Kiev”.

Il primo ci porta nel capanno di una grottesca strega, La capanna di Baba Yaga, rappresentata come un orologio a cucù ambulante che si regge sulle zampe di una gallina. Questo strano e angosciante spettacolo si ritrova nell’allegro feroce che esprime il timore del compositore alla vista dell’antro di una tale capanna. L’esposizione si conclude con la maestosità e potenza sonora de La grande porta di Kiev, progettata qualche anno addietro da Hartmann stesso nello stile del rinascimento russo.

Tra i legami fra musica e arte, forse l’opera di Mussorgskij rappresenta uno dei connubi meglio riusciti in quanto a espressività. Se proviamo ad ascoltare le composizioni con davanti a noi una breve descrizione di quanto abbiamo appena visto, si può davvero a cogliere la maleficità della strega con il cucù al posto della testa, il pigolare melodioso dei pulcini o la grandiosità della porta di Kiev.  Provate, non ve ne pentirete: la musica è più viva di quanto pensiate.


Fonti

Wikipedia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.