Lettere peruane #5, l’arte di Joan Alfaro

Viaggiando per il Perù si ha il piacere di conoscere la sua cultura, la sua gente, i cibi, i profumi. Ma se si è veramente curiosi si possono incontrare anche degli artisti locali. Così è successo a me, ho incontrato Joan Alfaro, giovane pittore peruano di Cajamarca che espone a Lima.

Un artista dai colori forti, dall’impatto intenso e dai temi locali, onirici e surreali. L’ho intervistato per voi affinché la rubrica Lettere Peruane possa continuare a darvi il meglio di quello che posso incontrare qui in Perù, il paese che fu degli Inca.

Nelle tue opere si riconosce facilmente uno stile fantastico e onirico. Il tutto unito a tematiche e figure che sembrano rappresentate dentro di un universo surreale che però non è mai distante dallo spettatore. Da dove viene questa varietà di stile?

Stili diversi hanno sempre fatto parte della mia evoluzione artistica. In base al mio interesse per molti pittori di qualche anno fa, ho fatto sì che il mio stile si unisse sempre di più a ciò che pensavo, le mie opinioni. Così, piano piano, questi pensieri hanno iniziato a prendere vita nei miei disegni dove si trova tutta la mia emozione e che poi danno vita alle immagini che lo spettatore facilmente sente sue in quanto vicine.

Parliamo della tua tecnica e dei colori che utilizzi. Quando si propone un forte impatto iniziale, la responsabilità nei confronti del pubblica da parte dell’artista è più alta. Il contatto con l’occhio è senza dubbio intenso ma  dopo, osservando le tue opere con maggiore attenzione, è possibile perdersi in maniera irreale nelle forme e nelle figure. Cosa vuol dire lavorare con questo metodo?

Per capirmi veramente bisogna andare nel mio mondo visuale. Mi hanno sempre affascinato i colori vivi e ludici! Ho iniziato a conoscere questi colori lentamente, con il tempo! Sono rimasto incantato dai singoli colori e la loro grande importanza. È di importanza vitale essere contemporanei e capire che l’evoluzione e lo stile matura solo se si ricorre al piacere visuale. L’effetto neon per esempio rende i miei lavori profondi e da quella essenza che mi caratterizza fino ad ora. Questo vuol dire esplorare molto il colore, cosa per me molto importante per mostrare l’intensità e lo stato d’animo delle mie opere.

Guardando in maniera dettagliata le tue opere è notevole il tuo lavoro sugli occhi dei soggetti disegnati, oltre agli sfondi oscuri che in molte tue opere danno forza ai colori delle figure centrali. Questo si nota subito. Che cosa ci puoi dire di questi dettagli, diciamo più intimi, delle tue opere?

Sicuramente è una tappa, un periodo che sto sfruttando al massimo. Voglio dare molta energia ai miei personaggi, completarli, e lasciare spazi di luce in secondo piano. Cosi facendo l’attenzione si concentra sull’espressione e l’abito che riflette molta vita e intimità per lo spettatore. Tutto questo porta ad avere una visione profonda che si relaziona molto con me, con miei personaggi e anche con l’identità culturale delle mie opere, cosa che mi caratterizza.

Tu sei peruviano e soprattutto sei Cajamarquino (di Cajamarca), che per molti è una delle città più rappresentative della cultura peruviana. Il quadro stupendo che hai dedicato alla cantante Yma Sumac, per esempio, ma anche parlando più in generale, nel tuo lavoro, quanto ti influenza la cultura del tuo paese e in particolare quella della tua città natale?

È un grande privilegio essere parte del mondo andino peruviano in quanto è proprio questo fattore che ha fatto sì che la mia arte sia maturata guardando il mondo in profondità. Quasi sempre nelle mie opere uso temi locali tanto quanto personali. Pero quando ho visto la mia cultura sempre meno al centro delle attenzioni pubbliche ho scelto di esplorarla più in dettaglio, quasi come se fosse un obbligo quello di cogliere la ricchezza del Perù e la sua immensa varietà di costumi tipici che si possono incontrare non solo a Cajamarca ma in tutta la galassia andina. Yma Sumac, così come mia moglie Sofia Cabrera, sono stati i personaggi che più ho rappresentato nelle mie opere come connessione con la mia città e che mi hanno fatto studiare la cultura indigena in una maniera più contemporanea al punto da affascinarmi molto perché ho potuto essere tra i primi ad affinare l’altra parte della razza e del misto etnico in Perù, ovvero quello moderno.

Sfortunatamente a livello internazionale si parla solo di Lima quando si tratta di arte, di avanguardia, modernità e tutto ciò che, in generale, è nuovo in Perù. Attualmente in quali condizioni naviga la pittura peruviana e, secondo te, come si sta emancipando dal vecchio tradizionalismo tra le giovani generazioni?

Sono un artista di provincia e posso dire che Lima è molto centralizzata in termini artistici. L’impatto con la capitale è forte a tal punto che ancora adesso non Riesco a conoscere la meta di Lima e le sue mille gallerie d’arte. Questa è sicuramente una ammirazione generale visto che a Cajamarca l’arte non è molto importante e quel poco di cultura che abbiamo qui è grazie alla storia degli Inca. Purtroppo nella mia città, l’arte contemporanea non si è evoluta molto. Ho sentito la necessità di lasciare la provincia per dare un futuro al mio lavoro, cosa che accade a molti artisti di provincia. Cusco per esempio è una città molto viva in termini artistici pero al contempo è molto commerciale dato che è considerata meraviglia del mondo, quindi si basa tutto sulla vendita e sul denaro. Questo è sicuramente buono per l’artista e i suoi introiti però l’idea dell’artista, nella mia visione, è quella di una lotta constante per l’individualità e soprattutto l’identità. Oggi giorno vedo molti giovani con talento, essendo spesso anche i promotori del loro lavoro, essi sono fuori da molti sistema oggi sempre più complessi. Io mi sento sulla buona strada, ma soprattutto sento che la mia opera sta maturando gradualmente. Oggi è facile fare arte, produrre e riprodurre! Però provare a darsi uno stile, darsi tempo, completarsi è un lusso che io mi prendo e non faccio altro che lavorare.

Domanda finale: delle tue opere, quale ti piace di più?

Penso che ogni mia opera ha una storia e molta personalità. Sento che ognuna è stata importante per arrivare all’altra, funzionalmente. Per ogni errore e per ogni disegno o momento in cui ho cancellato qualcosa che non mi è uscito bene sono tornato a disegnare sopra lo stesso. Può succedere. E non ho mai svalutato nessuna opera. È il mio tempo, il mio sforzo e i miei momenti che mi fanno pensare che ogni opera sia unica.


Fonti

Joan Alfaro

Crediti

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.