La Roma del Tevere: un viaggio nel mondo di sotto. Eccola la città parallela sotto la città. Un Paese delle Meraviglie tutto da scoprire, un mondo capovolto dove convivono arte, degrado e mondanità, sport, turismo e cronaca nera.
Beau Salomon, 19 anni, Spring Green (Wisconsin). La sera del 30 luglio 2016 è in un locale a Piazza Trilussa con gli amici. È sbarcato da poche ore a Roma per seguire un corso di cinque settimane alla John Cabot University. Abbandona il tavolo per andare in bagno, si allontana dagli amici e sparisce. È la notte tra il 30 giugno e il 1 luglio e lui viene inghiottito dal Tevere.
Andrew Keith Carr, 21 anni, statunitense. Scomparso all’altezza di Lungotevere dei Tebaldi nel gennaio 2013.
Han Kwang Kee, americano di origini coreane, scomparso nel Tevere, luglio 2012.
Keith Jason Scorer, 20 anni, australiano, anche lui vittima del Tevere nel 2009.
Queste le premesse. Il racconto del Tevere comincia da qui ma non finisce qui. Un fiume specchio della storia di Roma, presente in tutte le opere dei grandi autori latini.
Eppure, il 2016 sembrava un anno favorevole per la sua rinascita, un anno all’insegna dell’arte. Da febbraio erano iniziati i lavori che avevano portato – ad aprile – all’inaugurazione dei murales di William Kentridge. Triumphs and Laments, questo il titolo della sua opera. Un’installazione sui muraglioni del Tevere, da Ponte Sisto a Ponte Mazzini. Oltre 550 metri, 80 figure alte più di 10 metri. Un fregio ottenuto per sottrazione, attraverso la pulitura della patina biologica e dello smog accumulati sul marmo.
Una successione senza alcuna sequenza cronologica delle glorie di Roma: il trionfo di Cesare, la Dolce Vita, la lupa capitolina. E poi Michelangelo, Santa Teresa. E la morte di Remo, arditamente paragonata a quella di Pierpaolo Pasolini. Il trionfo della capitale, insomma, nel luogo che, nel bene e nel male, ha contribuito alla sua nascita, formazione e sviluppo.
Quanto resisteranno quei murales sulle sponde del Tevere? Forse tre anni, forse cinque per i più ottimisti. Dipenderà dalle piene del fiume e dallo smog, dai gabbiani, dalla gente, dal tempo e un poco forse anche dalle produzioni cinematografiche che lungo il Tevere pare abbiano trovato la nuova, naturale Cinecittà.
Bello pensare che la riuscita di quei murales eccellenti dipenda dal buon senso dei cittadini romani, dal rispetto, dalla limitazione dei consumi. Comunque sia, William Kentridge li ha realizzati ben sapendo che si tratta di opere a tempo, che prima o dopo scompariranno come è giusto che sia. Nulla di eterno nella Città Eterna.
Tutto bene, allora? Per niente, perché basta inforcare una bici per rendersi conto che questo mondo di sotto, un poco finto e un po’ no, spesso è peggio di quello vero che sta di sopra. Lungotevere Testaccio, per dire, verso Viale Marconi: di sopra, negozi, aria condizionata, locali, cornetti caldi, la mamma con il figlio nel passeggino, un signore che beve il caffè e legge il giornale. Di sotto è un’altra storia: campi nomadi, roulottes, topi, capanne, accampamenti abusivi.
E dalla parte opposta, verso nord? Proprio sotto Ponte Sant’Angelo ci sono le bacheche vetrate. Qualcuno in Campidoglio pensò di dedicare al Tevere brani e poesie dei più grandi scrittori della storia. Dalla bici non si vedono bene, meglio scendere. Ti avvicini, strizzi gli occhi, cerchi di leggere. Ma i pannelli di vetro sono sporchi, in qualche caso spaccati dalle piene del fiume o da qualche teppista di passaggio, i testi illeggibili. Coraggioso, da parte di Kentridge, installare proprio lì i suoi murales. Una provocazione, forse. D’altra parte Roma è tutta una provocazione e magari in un ipotetico referendum potrebbe passare addirittura l’idea di Carlo Verdone, che nel film propone di asfaltare il Tevere (“che tanto nun serve…”) e farne una superstrada a tre corsie.
In qualche misura, anche quel girone infernale che si chiama Tevere Expo (o Lungo Il Tevere) è una provocazione: una specie di Festa de Noantri peggiorata in formato terzo millennio, così almeno dicono.
E se William Kentridge in inverno aveva pensato di ripulire quei brutti muri sporchi con i suoi murales, qualcun’altro, in estate, ha pensato di piazzare davanti a quei murales ancora freschi, le proprie bancarelle (poi rimosse, ma la piattaforma in legno rimane). Dopotutto, il Tevere Expo è economia. E in uno slancio di ottimismo imprenditoriale, il Comune di Roma non se l’è sentita di ridurlo per quattro murales. D’altra parte si sa, l’arte non è un buon incentivo per i consumi. Ed è curioso come nessuna giunta comunale abbia pensato di mettere qualche luce o qualche pannello esplicativo davanti a quella installazione. Così, per valorizzarla, per spiegarla, per renderla più godibile e fruibile, magari anche per i turisti: perché nonostante i campi nomadi e la mancanza di norme igieniche, il Tevere ne attira a migliaia.
L’attività prediletta è il giro sui battelli. “La crociera sul Tevere“, la chiamano pomposamente. Durante la navigazione vengono offerti salumi, formaggi, specialità romane. Qualche anno fa era stata prevista una rotta archeologica, da Ponte Marconi agli scavi di Ostia Antica, ma il progetto non è mai stato realizzato, in quanto non economicamente sostenibile. Oltre al fatto che gli approdi di Ponte Marconi e di Ostia Antica versano in condizioni di totale degrado.
E poi il cinema, sul Tevere. Jeeg Robot, ultimamente, la storia di un uomo che, dopo essere caduto nel fiume romano, conquista dei superpoteri. E il cinema lungo il Tevere: l’Isola del Cinema, un’arena sull’Isola Tiberina, oltre agli eventi mondani, coi barconi che ospitano feste private, compleanni, incontri. Un mondo variegato, quello lungo le sponde del fiume, manutenzione e degrado permettendo, naturalmente.
Qualche tempo fa, un paio di chilometri prima del Ponte della Musica (bellissimo e inutilizzatissimo) è spuntato un pezzo di pista ciclabile: bella, morbida, perfetta – dicono – per correre e andare in bici. Opera del Comune? Pare di no. Regalo di un’impresa privata: questi quattrocento metri sono gratis, se volete il resto tirate fuori i soldi. Inutile dire come è andata a finire.
Ma nonostante tutto, il Tevere è ancora lì. Con la sua sporcizia, i suoi accampamenti, il suo cattivo odore. Verde, stagnante, melmoso, è ancora lì. Ogni tanto fa capolino in inverno, quando piove tanto e lui si gonfia d’orgoglio, ricordando ai cittadini chi comanda. Ma per il resto è lì, innocuo, in attesa che qualcuno si prenda cura di lui.
Dicono che un giorno si potrà di nuovo fare il bagno nel Tevere, con l’acqua sarà limpida e cristallina. Per ora il Tevere rimane un connubio di sensazioni, odori, eventi, incidenti, disgrazie, divertimento. Un mondo di cui nessuno si preoccupa più di tanto, ma che ogni tanto qualcuno va a visitare. Un mondo con una strana popolazione fatta di maratoneti, ciclisti, turisti e innamorati. Luogo liberatorio, buono per pensare, passeggiare, per schiarirsi le idee e magari suonarci la tromba. Un luogo intriso di storia, di eventi, di racconti, di miti. Simbolo della nascita di questa città. Che nonostante la sporcizia, il cattivo odore e il disordine continua a essere uno dei protagonisti di Roma, tanto quanto il Colosseo e i Fori Imperiali. Una terra sospesa a metà, la città di sotto, un mondo rovesciato.
Un luogo strano, il Tevere.
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