Dopo l’abbandono del maestro Hayao Miyazaki, che annunciò nel 2013 che Si alza il vento sarebbe stato il suo ultimo film, e l’assenza dalle scene di Isao Takahata durata ben 15 anni, sembrava ormai che lo Studio Ghibli fosse destinato alla chiusura. Seppur esso sia effettivamente chiuso temporaneamente, ci sono segnali che fanno ben sperare gli amanti degli anime.
I segnali più importanti arrivano dal Museo d’arte Ghibli, appena riaperto il 16 giugno dopo lunghi mesi di restauro, voluto dallo stesso Miyazaki. I musei servono per mantenere vivo il ricordo di qualcosa di passato, certo, ma in questo caso esso è più vivo che mai, e potrebbe essere il punto di rinascita dello Studio stesso.
Situato a Tokyo, nel parco Mitaka, esso permette di rivivere tutte le produzioni dello studio che ha creato Totoro, tra a cui quelle più famose, come lo stesso Il mio vicino Totoro, Laputa o La città incantata, ma anche tutte le produzioni meno conosciute in Italia, ma che hanno contribuito alla fama e al prestigio dello studio, Riccioli d’oro ad esempio. Lo scopo dell’esibizione non è infatti solo quella di far tornare in mente i film e cortometraggi, quanto di farceli riscoprire e vivere in tutti i loro dettagli, in tutti i loro passaggi creativi, ridando loro vita.
Ed è interessante notare come l’attuale esibizione temporanea di Miyazaki non solo presenta il make of dei film, e quindi la scienza dietro l’animazione e i macchinari usati per far muovere i disegni dalla carta alla pellicola, quanto ci consegna anche le stanze dove nascono i film. Non parliamo però di studi di effetti speciali, o altro, ma di personalissimi studi dei registi, con le loro scrivanie, i loro disegni sparsi tra i mozziconi di sigarette, e le foto di famiglia che spesso li hanno ispirati. Sono gli studi come potrebbero averli appena lasciati i registi, appena alzatisi, pronti a tornarvi. Il museo sembra quindi una metafora dell’idea che Miyazaki e Takahata possono avere al riguardo del futuro dello Studio: lasciato un attimo in sospeso, pronto per essere ripreso come se non fosse mai stato abbandonato.
Del resto Takahata non sembra volersi arrendere all’età avanzata – ormai ha ben 80 anni! – e recentemente, dopo una pausa durata ben 15 anni, ha disegnato e prodotto il capolavoro intitolato La storia della principessa splendente, sottolineando che non la considera la sua ultima opera. Miyazaki invece ha ufficialmente annullato il suo ritiro – per la sesta volta nella sua carriera! Che l’abbia fatto per ricevere finalmente l’Oscar alla carriera? – per cimentarsi nel suo primo film prodotto con CGI, ovvero Boro il Bruco, che si vocifera sarà pronto nel 2018 e non sarà distribuito in alcuna sala, ma visibile solo all’interno del Museo.
Ora più che mai il Museo Ghibli sembra il punto focale di una nuova tappa dello Studio, che intanto ci riporterà al cinema con La tortue rouge – Red Turtle, una produzione nippo-francese, presentata recentemente a Cannes, della quale possiamo già ascoltare la meravigliosa colonna sonora.
Un commento su “È davvero la fine dello Studio Ghibli? Non crediamo”