Non ti capita mai di vederlo, il dolore?
Viene a trovarmi alle due di notte,
la pancia sconcia e le gambe depilate,
appena intese dietro qualche tenda.
Appena lo vedo avvolgere la sua anima
alle piastrelle del soggiorno,
capiscimi, mi riesce strano guardare
all’oscurità senza storcere gli occhi
e parlare di altro, guardare
dove non risiede il suo corpo
allungato, insipido; una di quelle
-e lo sai- presenze schizoidi
di cui viene facile lamentarsi,
come fossi matto cosciente,
cosciente dell’irreale di quel discorso
che continua a ronzarmi in testa,
anche di quell’immagine magari,
di quel costrutto, schizoide conscio
della differenza, tra uomo e fantasia,
che spazia in una contro natura
insidiosa e stupida. Così ignoro
quella bestia, viscida, appena
mutata in qualcosa, un altro, un’altra;
e la ignoro, lo ignoro, non gli do nome,
lo lascio giacere nella sua pancera
triste, sperando che il suo mondo
tragga da sé le conseguenze
di una relazione mal concepita,
uno scontro tra mondi inconvissuti,
per cui bisogna scegliere: o essere
di qui, o di là, ed io, io, caro amico,
ho scelto di essere di qui, con lo sguardo
ben piantato in là, per non dimenticare
la parentela con quella bestia
distesa sul mio divano, a sorseggiare
un bicchiere di Passerina, 2012.
Victor Attilio Campagna