FRA CARNEVALE E FESTA DELLA DONNA: PURIM

Nella tradizione ebraica c’è una storia che incrocia le storie personali di un re, un malvagio consigliere, una neo-regina e suo zio con quella del popolo cui la neo-regina apparteneva.

 É una storia scritta in un libro separato dalla Torah, libro sacro per gli Ebrei, che ha preso il nome della regina: il libro di Esther.

 Al tempo degli Assiri, il sovrano Assuero aveva una moglie di nome Vashtì. Una sera, ella si rifiutò di obbedire al marito che le aveva ordinato di mostrarsi a una festa di uomini “indossando solo una corona”. Per questo e per la sua voglia di vivere e festeggiare in indipendenza dal marito, il re la punì duramente, ripudiandola.

Tuttavia non volle fare a meno di una moglie, e poco dopo organizzò un concorso per trovare una nuova sposa. Tutte le donne furono obbligate a parteciparvi.

Fra loro, fu scelta la riluttante Esther, che salì sul trono nascondendo le sue origini ebraiche su consiglio dello zio Mordechai.

Ma quando il suo popolo fu in pericolo, a causa di un attrito fra suo zio e il consigliere del re Hamman, il quale, per liberarsi di Mordechai, era riuscito a convincere il re che tutti gli ebrei fossero dei traditori da giustiziare, la neo-regina si disse disposta a morire con gli altri, svelando la sua identità al sovrano.

Fortunatamente il re fu persuaso dalla moglie a risparmiare gli innocenti e a condannare soltanto il malvagio consigliere.

Questi avvenimenti si ricordano ogni anno a marzo, in occasione della festività di Purim (traducibile con “sorti”). In questa occasione ci si traveste per rievocare gli eventi attraverso delle recite.

Esther viene ricordata come una figura femminile di grande coraggio, modesta e fedele, ma anche la meno famosa Vashtì con la sua volontà di ribellarsi al marito va ricordata, a poca distanza dall’internazionale festa della donna.

Attenzione a non nominare il malvagio Amman però, a meno che non vogliate scatenare fischi, cori di disprezzo, battito di piedi e rumori di ogni genere. Il suo nome viene ricordato con gusto solo quando se ne mangiano le “orecchie”, dolci triangolari ripieni.

A cura di Sara Ottolenghi

Credits:

Esther in the herem of the king, di  Ephraim Moshe Lilien (Sotheby’s) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

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