Gli amanti, in nome di dio,
si accartocciano come schiene
alle spalle di pareti scrostate
dietro macchinette allocate
giustamente vicino alla vita
e l’acqua ne fuoriesce appena
quando ne hai infilati cinquanta,
abbonamento alla mano;
gli amanti stanno, ricontano
pensano e ripensano alle ragioni
della loro scostumatezza
e ne ritrovano l’indizio
appena si rivolgono,
sguardo ripieno di crema,
alle pendici delle scale mobili:
che senso avrebbe stare
davanti, dietro, o a destra,
quando si è amanti?
Esistono per loro delle direzioni,
qualche mappale, un catasto?
Domande sorte dalla semplice
constatazione di una coppia
avvolta nello specchio del loro
bacio prolungato, colti di sorpresa
dietro una parete, alla fermata
Repubblica, apertura porte a sinistra,
e noi rispettavamo il siamo
qui, dove nella mappa si risale
alla nostra identificazione,
pur essendo noi, in nomine dei,
del tutto diversi da quelli
che stavano lì alla stessa ora
lo stesso giorno, ma in altre vesti.
una poesia di Victor Attilio Campagna