Il mecenatismo è un fenomeno antico quanto l’amore per la cultura. Nel 68 a.C. nasceva Gaio Cilnio Mecenate, confidente dell’Augusto Imperatore e fondatore, per l’appunto, del mecenatismo. Tale scuola di pensiero, se così vogliamo chiamarla, era basata sull’apprezzamento e l’incentivazione dell’arte contemporanea, e si configurava nella protezione, sia economica, sia sociale, dell’artista da parte di una figura politicamente o economicamente rilevante dell’epoca.
Da Mecenate in poi, personaggi che si qualificarono per il titolo di mecenate ce ne furono a bizzeffe: basti pensare a Lorenzo il Magnifico ed alla sua smodata passione per il bello. In pochi si ricordano, tuttavia, della sua funzione di mecenate musicale del compositore fiammingo Heinrich Isaac, forse perché la musica ha conquistato lo status di arte più tardi rispetto alle cosiddette arti figurative, in qualche modo di più facile interpretazione. Ciò di cui si è però certi è l’indissolubile legame fra arte e potere. Qualsiasi mecenate, di qualsiasi schieramento politico, con qualsiasi mira, ambisce alla creazione, per opera dei suoi protetti, di una rete artistica “filo-governativa”, che esalti le glorie del presente detentore del potere e del suo passato illustre. Mecenate ebbe Virgilio, che con la sua Eneide divinizzò le origini di Roma, Leonardo da Vinci rese evidente il suo rapporto con la famiglia del Magnifico, ritraendo l’impiccagione dell’assassino di Giuliano de’ Medici, Bernardo di Bandino Baroncelli.
Ma non è solo il mecenatismo a sigillare l’intesa fra arte e potere. L’utilizzo di pezzi musicali in politica è un meccanismo di intrattenimento più che comune. Si pensi all’uso che fece Adolf Hitler delle composizioni wagneriane: la sua “Cavalcata delle Valchirie” rimane nella storia europea quale inno nazionalsocialista per eccellenza, ancora più che quello ufficiale, poco noto ed ancor meno orecchiabile, Die Fahne Hoch. Il regista Woody Allen, a proposito di questo tema, ha ironizzato dicendo
“Ogni volta che lo [Wagner] sento mi viene voglia di invadere la Polonia”.
D’altronde, il fatto che l’associazione fra le composizioni wagneriane e la corrente nazionalsocialista sia nata su espresso desiderio di Hitler, non nega l’assioma alla base: ogni tipo di potere, sia esso monarchico o dittatoriale, necessita di una “colonna sonora” che si rispetti. Il fenomeno del mecenatismo non è null’altro che l’assicurazione per i governanti che tale prodotto sia portato a compimento e sufficientemente pubblicizzato fra le classi, soprattutto quelle medio-basse, con scarse opportunità di godere di creazioni musicali di un certo spessore culturale.
Ma perché la musica è così importante per coloro i quali si prepongano di mantenere il dominio su una determinata zona geografica?
Una motivazione spicca sulle altre. La musica, sia essa ricercata o popolare, strumentale o cantata, unifica i popoli e li riunisce sotto l’insegna di una stessa onda emotiva. Nel corso della storia abbiamo visto musica proibita, musica ribelle, musica di rottura, ma non molti tra noi si concentrano su quella che invece è la musica oligarchica. Non ci accorgiamo delle allusioni politiche di molte delle più famose composizioni musicali della storia, presi come siamo dai moti d’animo che le note suscitano nei nostri animi. La musica ci unifica, ci qualifica come gruppo, risveglia in noi lo spirito di unione, di specie, come il richiamo degli animali.
È questo il motivo alla base dell’impegno profuso nelle creazioni degli inni, siano essi nazionali, sportivi o politici. Il coinvolgimento delle masse, dal punto di vista musicale, è incredibile: si assiste ad una vera e propria regressione dell’individuo ad animale, preda dell’istinto primordiale di formare un gruppo, un branco, una fazione distinta dalle altre. La partecipazione ad una frenesia di massa di questo tipo fa sentire l’essere umano speciale, diverso da chi, a differenza sua, non partecipa a quello stesso stato di euforica incoscienza. La musica è dunque in grado di creare legami e di scioglierne altri. Il ricco ed il povero si riuniscono sotto la grande bandiera della stessa nazione, se questa bandiera è un pentagramma. Il dottore ed il contadino si ritrovano a cantare in visibilio le stesse parole, simbolo di una verità a loro nota e sconosciuta agli altri.
Stiamo attenti alla musica, signori. Le sirene omeriche esistono, e si nascondono dietro le note degli inni. Leghiamoci stretti all’albero maestro del nostro senso critico, prima di perderci in un mare di opinioni altrui.