Il Kamasutra: tra realtà e stereotipi

Come spesso accade, le cose che tutti conoscono sono quelle che nessuno ha mai visto, sentito, toccato o letto. Fermando una persona qualsiasi e chiedendole “conosce il Kamasutra?“, dopo uno sguardo imbarazzato (e forse anche un po’ sospettoso), lo sfortunato passante risponderebbe: Ma certo, è quel libro sconcio, con tante immagini pornografiche e un elenco di posizioni sessuali più o meno acrobatiche!

Dopodiché, ci liquiderebbe con un saluto dubbioso, probabilmente accelerando il passo per fuggire dall’importuno e alquanto inopportuno intervistatore. Questo però senza dargli tempo di pronunciare la seconda domanda: ma lei, ha mai letto questo libro?

Il Kamasutra tra pregiudizi e verità

Per capire il motivo di tale fama dalla veridicità alquanto opinabile, occorre fare qualcosa che spesso per noia, pregiudizio o pigrizia mentale, si è soliti evitare: verificare le informazioni di proprio pugno, per capire quanto ci sia di veritiero nel diffuso senso comune. A partire dal titolo, giacché esso, ormai, è diventato sinonimo di chissà quali sconcerie.

Tuttavia, il titolo “Kamasutra” non significa altro che “Aforismi (sutra) sul Desiderio (kama)” oppure “Discorsi sull’Amore”. Difatti, come spiega l’autore – Vatsyayana – nell’incipit del “testo proibito”, tre sono le fasi della vita e ad ognuna di esse spetta un compito ben preciso.

Nella prima, ossia nella fanciullezza, il giovane dovrà pensare all’artha, ossia all’istruzione o, in generale, all’Utile, per acquisire le conoscenze pratiche utili nella vita.

Nella terza fase, il vecchio dovrà perseguire il dharma, le legge divina, per raggiungere una maggiore conoscenza spirituale.

Ma, nella fase intermedia, il giovane dovrà pensare principalmente a godersi la vita; ossia, al kama, al piacere, al desiderio.

E di questo tratta il Kamasutra: come perseguire la via del desiderio. E lo fa senza indulgere in dissertazioni metafisiche, bensì andando dritto al nocciolo della questione ed affrontando ogni aspetto dell’amore; dalla conoscenza della donna, al corteggiamento, ai baci, agli abbracci fino ad arrivare all’amplesso vero e proprio. Il tutto condito con una serie di norme da rispettare, di precetti da seguire e anche di pratiche da evitare e di tradizioni più o meno adattabili ai giorni nostri.

E le famose posizioni?

È la voce che di certo s’innalza dal lettore rimasto un po’ deluso; basta guardare la maggior parte delle edizioni pubblicate per accorgersi dell’ammontare di immagini in esse presenti. Non saranno mica anch’esse un’invenzione degli Occidentali?

Sì e no. Sì, perché lungi dall’essere un lungo elenco di posizioni sessuali, come asserito in precedenza, il Kamasutra è un ricettacolo di tradizioni e pratiche che descrivono l’intera sfera amorosa. Dunque, anche il rapporto sessuale propriamente detto; quindi, no, esse non sono una mera allucinazione degli Occidentali (e ci mancherebbe, vade retro tutto ciò che inerisce al sesso!).

Tuttavia, sfogliando l’edizione della Marsilio Editori (una delle migliori, insieme alla Adelphi, in circolazione) che consta di ben 216 pagine di testo, ci si accorgerà di come le tanto agognate posizioni occupano ben… tre pagine (da pagina 98 a pagina 100, per gli spiriti curiosi)! E, per di più, esse sono tutte descritte in meno di una riga ciascuna, dimodoché senza un opportuno apparato iconografico (di cui l’edizione Marsilio non dispone, per chi fosse interessato) divengono anche difficili da afferrare mentalmente.

Infine, oltre a non essere l’opera grezza e volgare come spesso viene dipinta, il Kamasutra è anche un testo di poesia. Infatti, Vatsyayana conclude ogni capitolo con brevi componimenti poetici, perché nulla più della poesia può descrivere le vie del desiderio e per ricordarci che: 

Neppure in sogno si vedono
le situazioni e i gesti rapiti
che possono darsi nel fare l’amore
inventati in quello stesso istante.

FONTI

Vatsyayana, Kamasutra, Marsilio Editori, Vicenza 2005.

CREDITS

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