Quando iniziarono ad uscire dall’Africa in piccoli gruppi per conquistare il mondo, i nostri antenati avevano tutti lo stesso aspetto: pelle scura e un’ossatura lunga e magra. Tuttavia, con la loro espansione lungo il Globo, gli esseri umani iniziarono a differenziarsi fra di loro. La pelle degli Europei si schiarì, la statura degli Inuit si abbassò e gli occhi degli Asiatici assunsero una forma particolare. Tutte queste si possono definire differenze razziali oppure solo variazioni dell’homo sapiens che ha dovuto adattarsi ai vari ambienti? Esistono delle “razze umane”?
Esiste la “razza umana”?
I biologi rifiutano la definizione di “razza umana”, perché il termine razza è applicabile correttamente solo agli animali, le cui caratteristiche vengono selezionate in laboratorio. Dato che non esistono uomini creati in laboratorio, chi utilizza tale termine riferendosi all’uomo lo fa con intenti ideologici. Sarebbe invece corretto riferirsi all’uomo con il termine “etnia”, ovvero una comunità caratterizzata da omogeneità di lingua, cultura, tradizioni e memorie storiche, stanziata tradizionalmente su un determinato territorio.
Sono davvero così diversi fra di loro gli uomini? Cos’hanno fra di loro in comune un Inuit dalla pelle chiara, i capelli lisci e la corporatura tarchiata e un aborigeno australiano dalla pelle scura, il naso largo e i capelli crespi?
Attraverso un’analisi genetica è emerso che l’informazione ereditaria degli uomini si differenzia solo in minima parte, infatti il 99,9% del genoma di tutta la popolazione mondiale è identico e la rimanente differenza di 0,1% si riscontra in larga parte fra persone dello stesso gruppo etnico. Ciò significa che gli uomini, tutti quanti, sono sostanzialmente uguali fra di loro.
La razza tra imprecisione scientifica e razzismo
Il termine razza tuttavia è stato largamente usato ed abusato nel corso della storia umana. Partendo e travisando presupposti scientifici, nella prima metà del XX secolo si formarono teorie pseudoscientifiche come l’antropologia razziale. È su questa base che alcuni Stati occidentali attuarono soluzioni eugenetiche, come il programma della Germania nazista di igiene razziale, in cui oltre a selezionare un’inesistente razza ariana, si mirava a migliorare la stessa con la soppressione degli individui indesiderati.
Anche in Italia presero piede tali teorie, concretizzatesi poi nelle leggi razziali. Particolare rilievo storico e politico hanno avuto il sopracitato nazismo e l’apartheid, che si basano sull’erronea convinzione della superiorità di una “razza” rispetto ad un’altra.
In fin dei conti ciò che conta davvero non è il colore della pelle o la forma degli occhi, ma la capacità dell’uomo di adattarsi all’ambiente in cui vive. L’essere umano è stato infatti l’unico primate cosmopolita, ovvero capace di colonizzare l’intero Globo terrestre.
FONTI
R. Deliège, Storia dell’antropologia, Il Mulino (2018)
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