Migliaia di anni fa, attorno al 5000 a.C, il re Dasharatha dell’antica città indiana di Ahyodya aveva tre mogli, ma non riusciva ad avere figli. La sua era stata una dinastia di sovrani giusti, e temeva andasse perduta.
Decise allora di effettuare un rito di preghiera e sacrificio (yagna) per chiedere aiuto ai deva (divinità positive). Comparve così davanti a lui il divino Yagneshwara, che gli dette del “payasa”, un succo divino che avrebbe aiutato le sue mogli a concepire.
Egli così lo porse alla sua più anziana, Kausalya e le disse di berne metà. Poi lo diede alla sua seconda moglie Sumitra e le chiese di bere metà del rimanente. Ciò che rimase lo porse alla terza moglie, chiedendole di fare lo stesso, e cioè di bere la metà di ciò che era rimasto. L’ultima metà la fece bere ancora a Sumitra, che per questo ebbe due gemelli.
Da Kausalya nacque Rama, con attributi considerati divini come occhi color di loto, braccia lunghe e labbra rosate. Si trattava di un’incarnazione del dio Vishnu.
L’8 aprile gli induisti festeggiano questa nascita con la celebrazione di Rama Navami.
Di Rama, in questa occasione, si ricorda anche la moglie fedele, Sita, attraverso matrimoni cerimoniali e processioni con effigi raffiguranti la coppia. L’ora più importante delle celebrazioni è mezzogiorno, orario in cui si dice sia avvenuta la sua nascita, e quella del fratello, Lachman, anch’egli festeggiato in questo giorno.