Sempre più spesso il gioco del calcio è usato dalla politica per arrivare alla gente in modo più chiaro e diretto, perché è uno strumento facile e popolare per divulgare messaggi e per creare consenso. I politici se ne servono sia indirettamente, adoperando cioè un linguaggio molto vicino al gergo calcistico e mutuandone alcune espressioni incisive ed efficaci, ma sempre più spesso anche dichiarando la loro fede calcistica pubblicamente.
I legami tra calcio e politica
Prima il gioco del calcio rispetto al mondo politico-istituzionale era semplicemente uno strumento in fuorigioco, cioè era considerato un diletto, passatempo, un capriccio inutile. Ultimamente invece è diventato a tutti gli effetti parte integrante del discorso politico con una vera e propria entrata a gamba tesa! In passato tra la classe dirigente era abitudine portare in dono oggetti preziosi, libri, prodotti tipici del proprio paese, mentre oggi tale liturgia tradizionale è oltrepassata in favore delle magliette da calcio.
È successo recentemente in due occasioni distinte che politici si scambiassero delle maglie da calcio. Prima è stato il turno del Presidente Matteo Renzi che all’inizio del colloquio con il cancelliere tedesco Angela Merkel le ha donato la maglia numero 33 di Mario Gomez, attaccante tedesco in forza alla Fiorentina. Qualche giorno dopo la stessa scena si è ripetuta in Italia a ruoli invertiti, quando cioè il premier italiano ha ricevuto da D’Alema la maglia del capitano romanista Francesco Totti. A quanto pare è proprio il calcio il punto in cui la classe politica si dimostra più vicina alla tanto invocata società civile, riuscendo così a colmare – almeno in parte – la cosiddetta disaffezione nei confronti della politica.
La terminologia calcistica nel linguaggio quotidiano
Anche dal punto di vista linguistico la terminologia calcistica ha letteralmente invaso il nostro parlare quotidiano e, di conseguenza, anche la dialettica ‘politichese’. Già a partire dagli anni ottanta del secolo scorso molti termini appartenenti al calcio sono entrati a far parte del senso comune, uscendo definitivamente dalla semplice metafora sportiva per diventare universali. Alcune locuzioni vengono usate con il loro significato originario, come ‘fare spogliatoio’ che, in qualsiasi ambito, significa collaborazione e sostegno reciproco. Nel momento in cui cambia l’area semantica, i termini modificano anche il loro significato. Un esempio è l’espressione “stangata” (calcisticamente tiro molto forte) che è stato ripreso dalla politica e soprattutto dall’economia per indicare un risultato pesante.
La frase fatta per eccellenza resta comunque “discesa in campo“, con cui Berlusconi nel 1994 ha annunciato la sua entrata nel mondo della politica. In questo contesto lo “scendere in campo” indica più precisamente una scelta di campo, che esiste anche nel calcio, ma è sicuramente un momento molto meno influente ai fini del risultato della partita.
Questa irruzione della terminologia calcistica nel linguaggio politico è stata quindi efficace per avvicinare casta e società civile. Il calcio è lo sport nazionale e i politici fanno leva su questo fattore perché il gergo calcistico è l’unico che gli elettori riconoscono e amano. È lo strumento demagogico più in voga del momento, nonché il più efficace. Fino a che continuerà ad avere questi effetti unificanti in una popolazione che è tra le più lontane, distaccate e deluse dalla politica, sarà necessario servirsene per ricucire gli strappi profondi che lacerano il nostro Paese.
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