Nella zona di piazza Diaz, a due passi dal Duomo, fino agli anni ’30 sorgeva un quartiere: il Bottonuto. Contrada medievale, malfamata e senza regole, (da alcuni chiamata “il Verziere”) è una di quelle parti di storia milanese andata perduta, sia alla vista che al ricordo.
L’origine del nome è ignota: c’è chi rimanda al greco “bòthunos“, “pozzetto di scarico” (collegandosi al fatto che in quella zona sono stati trovati i resti di un collettore di scarichi di una grossa latrina pubblica) e chi invece sostiene derivi da “Bottinugo” (nome di un generale tedesco giunto a Milano al seguito del Barbarossa).
Le testimonianze ricordano questo quartiere come centro vivace e in perenne dinamismo. Le strade intricate del Bottonuto erano sede di botteghe, friggitorie, postriboli e alberghetti per la gente di via. I carretti passavano veloci per le viette e i bambini facevano largo interrompendo i loro giochi. Latrine e angoli bui, case di ringhiera e panni stesi. Una realtà apparentemente lontana dalla magnificenza del Duomo, eppure sua consanguigna.
Gli anni ’30 segnarono la fine della storia del Bottonuto. La Milano bene che risiedeva nelle zone circostanti non accettava da tempo la presenza di tutta quella povera gente così vicino alle proprie abitazioni. In più la città in quel periodo stava subendo un processo inevitabile di ammodernamento. C’era bisogno di spazio per erigere grandi edifici a più piani, ampliare il centro e valorizzarlo, costruire piazze, ma soprattutto levare di torno il lato buio di Milano, la malavita, le cricche di quartiere. Ordine e pulizia. Il comune comincia dunque una campagna di espropri e ben presto del Bottonuto non rimane altro che una spianata vuota, nessuna pietà neanche per la chiesa – Che si faccia largo a piazza Diaz!
Debora Sangiorgio