Che ribrezzo la sospensione, il moto

Che ribrezzo la sospensione, il moto
Che ribrezzo la sospensione, il moto:
s’agita in petto una fermezza quieta;
ti ossimori poi, ti ossimori
la vacuità in un palmo di soffio,
ti arrangi e vai, vai, va’, te ne vai.
Sei già morto e non lo sai.

Già sei parte di questa pianura,
sei già come lei, e lo sguardo esclude,
punto, esclude la vastità di questi
sepolcri autunnali; i fiori, i fiori
sono le pagine scure di un occhio
asciutto, la foglia, la foglia,
non cade nemmeno: ingrigisce
ingrigisce, ingrigisce, ma non cade
non cade, non cade; sosta arrangiando
le sue rughe nella crosta dell’albero,
nei suoi segni d’amore.

Sei già in poesia, questa pastella,
il fianco dolente, lo sterno arroccato,
la voglia sul torace ti si fa rossa, rossa,
rossa, la pelle, la pelle viola, viola… viola.
Ti ritaci con un dito alzato
e crepi di noia. Crepi di silenzio.

Crepi. In una poitrine di nero,
un intrico, un’altra pagina che
ti rappresenti il nulla che sei,
non sei, vorresti, ma lo sai, e
e ti credi eterno come i libri
che scrivi, quando è solo un contesto
a farti la fronte alta, lo sguardo
severo, le labbra dure, arcigne.
È solo un riflesso di riflessi:
la compagnia posticcia, il bar
mezzo pieno, e qualche voglia
di far l’amore di tramezzo…
ma questa è altra pena, altra
storia.

di Victor Attilio Campagna

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.