Verità e menzogna nella poesia

Se si vuole tracciare un excursus della menzogna in poesia non si può non partire da Esiodo e dal proemio della Teogonia, dove il poeta greco fa dire alle Muse:

«(…) noi sappiamo dire molte menzogne simili al vero,
ma sappiamo anche, quando vogliamo, il vero cantare»

Così le muse donano a Esiodo uno scettro (“e come scettro mi diedero un ramo d’alloro fiorito”), dando inizio all’allegoria più diffusa del poeta. L’alloro associato al simbolo del potere temporale: si tratta di una vera e propria investitura. Il Poeta si fa quindi foriero del vero e si oppone a chi afferma la menzogna.

Verità e menzogna nella tradizione poetica occidentale

Questo concetto è centrale all’interno del lungo percorso che ha animato la poesia lungo i secoli, perché la menzogna in poesia è sempre esistita. Da Callimaco ad Ariosto, fino a Torquato Tasso. In loro il fantastico si mischia al reale e noi siamo ben consci del fatto che il reale non è aderente al mondo creato nelle loro opere. Solo che queste menzogne – credute vere per certi versi, ma comunque improbabili – hanno in loro una fiamma che rende i versi comprensibili e accettabili tuttora.

Esiodo stesso, che si proclama poeta del vero, è rimasto non perché effettivamente ci abbia narrato una verità tout court, bensì perché il suo verso era talmente forte e intenso che ha lasciato un segno indelebile nella Storia. Di certo la questione di Gea che si accoppia ad Urano e genera i Titani… insomma, la mitologia greca in generale non è aderente al vero, ma è un simbolo, una trama di allegorie che hanno strutturato gli esseri umani e che la poesia ha tradotto in bellezza, attraverso l’uso di un mezzo umano – il linguaggio – alzato ad un livello altro, ossia l’estesi.

Questo processo di diffusione non vuole rafforzare delle storielle, ma codificare un sentiero, attraverso il quale diffondere il vero, distinguendolo raffinatamente dalla menzogna. Quest’ultima però rimane intrinseca a questo vero, perché è necessaria per far comprendere al meglio il concetto. Essa corrisponde ad un pretesto di bellezza per raccogliere meglio un messaggio forte.

Lo stesso Dante utilizza questo pretesto: traccia una storia evidentemente falsa, ma che da noi deve essere ritenuta vera per rispetto di una simbologia forte. È proprio questa rete di simboli che traccia un insieme di precetti, insegnamenti, norme, che permettono all’uomo di riconoscersi in una fissità di caratteri esistenziali importanti. Persino ne I Promessi Sposi, all’inizio si mente apertamente in forza di una verosimiglianza, necessaria a comprendere non solo che la Provvidenza salva tutti, ma a tracciare la silhouette di un’umanità intera. Nella letteratura la menzogna va di pari passo con la verità.

Solo che tutto questo avviene esclusivamente nella grande Poesia (e prosa, s’intende). Come scrive lo stesso Esiodo, le muse sono capaci anche di “molte menzogne simili al vero”, ma che rimangono menzogne, in quanto non trasmettono un messaggio forte, ma un messaggio debole, semplicemente raccolto in bei versi (e quindi comunque ispirato).

Al servizio della verità

Basti considerare, a questo proposito, la poesia del Barocco: a parte Giovan Battista Marino, grandissimo poeta, rivoluzionario sotto molti aspetti, i suoi eponimi sono tutti misconosciuti perché i loro versi sono tendenzialmente manieristici e privi di qualità. Ripropongono un tema, mentendo a sproposito nei loro versi, ma senza un culto del vero. Amano giocare sulla poesia come vacuo passatempo, senz’alcuna aspirazione altra se non il verso stesso, non consci del fatto che la poesia è cosa seria.

Ecco, questi ultimi sono i giochi di chi racconta fandonie e si diverte a farlo senz’alcun rispetto per chi legge.

La grande poesia, invece, racconta sì menzogne, ma in funzione di un vero di fondo. Un po’ come degli specchi: il loro riflesso non è realtà, ma è la sua riproduzione. Ma neanche questa definizione basta: lo specchio è anche una riproduzione inversa del reale! Eppure in esso riusciamo a riconoscerci, pur avendo difficoltà mentre ci osserviamo a distinguere la destra dalla sinistra, per uno strano paradosso della sensibilità nervosa.

La poesia, per dirla in parole semplici, ha la funzione di aiutare questa menzogna (che è lo specchio) a riconoscere la destra reale dalla destra virtuale. Al contrario la pessima poesia non aiuta in questo, ma confonde deliberatamente.

Insomma, a questo punto risulta facile affermare che la menzogna è centrale in poesia. Ma lo è solo in funzione di una verità, altrimenti ciò che si scrive è (per dirla con Catullo) cacata charta, non versi.

FONTI

Esiodo, G. Arrighetti (curatela), Teogonia, BUR 1984

CREDITS

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