Shinya Tsukamoto è un regista giapponese che nasce nel 1960, in una Tokyo in lenta ricostruzione.
Il dopoguerra aveva lasciato macerie e sconforto, arretratezza e necessità di sviluppo. La ripresa è tutt’altro che rapita e Shinya la vive, la vede, la sente. Cresce in simbiosi con gli edifici grigi, con le costruzioni pubbliche, con i pali elettrici e le antenne, assieme ad afflussi di gente, correnti sempre più invasive ed in espansione. Si sente inizialmente protetto e teme la natura, la campagna nella quale vivono i nonni ma, superati i trent’anni, prende consapevolezza del processo distruttivo in atto.
Esseri umani intrappolati nelle loro stanze, nei propri uffici, davanti a monitor, fax ed apparecchi elettronici di ogni tipo. Corpi ridotti in uno stato vegetativo, una fisicità che si riduce in virtù di una mente in esponenziale espansione. Una città che soffoca e dilania, non più madre naturale ma ora matrigna sintetica.
Tetsuo: The Iron Man, è un film datato 1989 che nasce in questo ambiente.
La storia narra di un moderno impiegato che vive a Tokyo e che, da un giorno all’altro, scopre un artiglio metallico che spunta dalla guancia. Accade poi che, nell’aspettare un mezzo di trasporto pubblico, una donna con un braccio mutante lo insegua ed una volta raggiunto, aggredendolo, completi l’evoluzione. L’impiegato si trasforma in un incesto di carne e ferro, Iron Man appunto, privo di ogni inibizione, rabbioso, frenetico, aggressivo e primitivo. Metà macchina e metà carne, si getta nella città sfogando desideri atroci e proibiti che culminano in una apocalisse di sessualità e distruzione.
Tetsuo I è un capolavoro cyberpunk profondo, spesso, denso e, nonostante le apparenze, colmo di ottimismo e vitalità.
Afferma lo stesso regista che l’uomo, parzialmente trasformato in macchina di ferro, nasce come antitesi della città, secondo una volontà di potenza indicibile.
“il messaggio è quindi di speranza: che la città venga distrutta non da guerre o da ordigni meccanici, ma dal corpo degli esseri umani”