Le regole dell’attrazione è un film diretto da Roger Avary, del 2002.
Tratto dall’omonio romanzo di B.E.Ellis, racconta le storie di un gruppo di ragazzi americani, dei loro studi al college, dei loro sogni, delle relazioni senitmentali, dei vuoti esistenziali, dei capricci post adolescenziali.
E’ un film crudo, prima di tutto, che descrive l’ingenuità e la fragilità di una giovinezza spensierata, annegata nell’apatia da alchool, droghe e sesso. Ed è l’originalità con la quale Avary dipinge questo quadro che cattura lo spettatore, dall’inizio sino alla fine della pellicola.
La banalità delle storie che vengono raccontate a capitoli, mantenendo una struttura simile a quella del libro, viene castrata da momenti drammatici che permettono di riflettere sulla profondità di ogni singolo individuo all’interno del film.
Avary riesce con successo a creare personaggi forti, definiti. Mescolando cliché di situazioni tragicomiche con peculiarità uniche, ad ogni protagonista del film (poichè alla fine son tutti un poco protagonisti) vengono donati momenti di lucidità, di rivelazione, che lo fanno avvicinare ad una presa di coscienza del vuoto che logora l’esistenza di uno studente americano alla fine del ventesimo secolo, del tedio di una vita dedita allo svago fine a sè stesso, dell’impossibilità di creare relazioni vere in una realtà costruita sulla finzione, sulla banalità.
Un climax di tensione flebile che culmina in un finale malinconico ed apatico, senza lasciare speranze, senza parlare di morale.
Le regole dell’attrazione è un film che parla di semplicità usando un linguaggio cinematografico complesso. Non è un capolavoro, ma è un prodotto di qualità, purtroppo troppo spesso sottovalutato ed ora abbandonato.