Memento mori
“Memento mori“. Tutti riconoscerete questa locuzione latina, dall’intuibile traduzione, “ricordati che devi morire”. L’idea della caducità della vita umana, spaventava gli uomini a tal punto da condizionare il loro intero arco vitale. L’esistenza era regolata da questo pensiero, quasi ossessivo. Gli uomini avevano paura. Anzi gli uomini hanno paura. Della morte, dell’Inferno, del vuoto, chiamatelo come volete. L’uomo è spaventato da ciò che non conosce e la morte segna un varco da ciò che è conoscibile a ciò che è oscuro.
Perché siamo così inermi davanti alla morte? Perché ci intimorisce tanto? Abituati a vivere in una società che ci offre tutti i mezzi possibili e immaginabili per informarci e fare ricerca restiamo scioccati davanti a ciò che non ha risposta. Ci sentiamo quasi offesi. La nostra scienza ha fatto passi da gigante, ha scoperto i segreti della genetica, si è inoltrata a studiare come siamo fatti, come funzionano i processi interni al nostro corpo, ha studiato i fenomeni della natura, e ha dato anche la sua risposta riguardo ciò che accade dopo la morte. Ma a noi non basta.
Non ci accontentiamo di sentirci dire che cessano le funzioni biologiche che ci definiscono in quanto organismi viventi. Ci vogliamo spingere in una continua ricerca, per avere risposte, per avere la situazione sottomano. Perché ci spiazza accettare un destino che ci metterà a confronto con cose sconosciute. Non siamo più abituati a trovarci impreparati. Forse è proprio per questo che in molti cercano di definire cosa sia la morte, è per questo motivo che la fisica quantistica da qualche tempo appoggia il Biocentrismo, teoria che afferma che la morte è definibile come un’illusione creata dalla nostra coscienza. Da qualsiasi lato si voglia analizzare la questione, nessuno può negare che il pensiero della fine della vita ha sempre angosciato il genere umano. Inutile cercare di scappare, rifugiandosi in fasulle speranze.
Il mito di Gilgamesh
Nemmeno Gilgamesh è riuscito nel suo intento di scampare alla morte. Eroe della Mesopotamia, dopo aver visto morire un suo caro amico inizia a interrogarsi sul proprio destino e sulla morte. Inizia da questo episodio il suo percorso alla ricerca dell’immortalità; si imbatte in una ricerca, invano, arrivando a confrontarsi addirittura con Utnapishtim, antenato reso immortale dagli dei per aver superato la prova del Diluvio universale. Ed è proprio qui che l’eroe si scontra con la dura realtà. Non esiste nessun segreto per la vita eterna. Il suo destino non può cambiare, si deve arrendere e accettarlo.
“Gilgamesh, perché ti affanni? La vita che cerchi non la troverai.
Quando gli dèi crearono l’uomo gli diedero in destino la morte e tennero la vita per sé.”
E tu, temi la morte?
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