Il museo della merda

L’ecologia: un concetto che si basa sul rispetto dell’ambiente, sulla minimizzazione dell’impatto negativo dell’uomo sulla natura e sul tentativo di riciclare il più possibile tutto quello che produciamo e utilizziamo, in barba al consumismo.

In questo senso, oggi ricicliamo i rifiuti come la plastica, il vetro, i rifiuti organici, oppure creiamo cose nuove con oggetti di scarto (stoffe, mobilio, componenti di oggetti che butteremmo) ridando loro nuova vita, a volte creando anche opere d’arte.
E poi c’è chi ricicla la merda, dandone un nuovo senso e creando un museo dedicato ad essa.

Sì, avete capito bene: la merda, la cacca, lo sterco, la popò. Chiamatela come volete, ma quello è il concetto.
Non è la prima volta che la merda si colloca in un contesto artistico, come potremo ricordare con la famosissima ed irriverente opera Merda d’artista di Piero Manzoni.

Tuttavia, quello di cui parleremo oggi è un progetto d’avanguardia che coniuga scienza, ecologia, agricoltura e cultura, e che vuole mandare un messaggio nuovo musealizzando l’ultima cosa che probabilmente andremmo a vedere per turismo.

Tutto ha inizio nell’azienda agricola di Castelbosco, in provincia di Piacenza, che si dedica produzione di latte per il Grana Padano. Essa ospita 2.500 bovini che producono quotidianamente 300 quintali circa di latte e 1.000 di sterco. Una enorme quantità di merda, che il proprietario dell’azienda Gianantonio Locatelli ha deciso di trasformare in un progetto ecologico e industriale avveniristico.

Dallo sterco egli ricava di tutto: metano, concime per i campi, materia grezza per intonaco e mattoni. E lo fa con sistemi di nuova concezione che, oltre a ridurre l’inquinamento atmosferico e la distribuzione di nitrati nel terreno, seguono un principio che ridisegna il ciclo della natura dando alla merda il valore che ha, e restituendo ad agricoltura e allevamento l’importanza di sempre. L’idea di riutilizzo è sempre stata connaturata con il mondo agricolo, e in questo caso il letame si trasforma in altro producendo innovazione; qui la merda è un materiale prezioso, su cui costruire informazione e intrattenimento culturale, il tema centrale e la materia da cui il Museo prende nome, in modo volutamente provocatorio.

Un’agenzia per il cambiamento

Il Museo della Merda è un’agenzia per il cambiamento, un istituto di ricerca e di raccolta di fatti, documenti e informazioni sugli escrementi nella cultura, nella tecnologia, nella scienza e nella storia. E ha una funzione enzimatica: dialoga con artisti, scienziati e istituzioni su idee e progetti legati al valore della merda e ai suoi infiniti usi, correnti o non ancora immaginati.

Si parte dall’esterno, nell’azienda agricola, con l’intervento di artisti come David Tremlett e Anne e Patrick Poirier tramite installazioni che stimolano riflessioni e amplificano la visione concettuale, metaforica e produttiva che è alla base dell’azienda di Castelbosco.

Negli spazi del museo e nelle sale del castello trovano spazio esperienze estetiche e scientifiche, umane e animali, che della merda fanno e hanno fatto materia utile e viva praticamente e metaforicamente.
Dallo scarabeo stercorario, considerato divino dagli egizi (e simbolo del museo), all’utilizzo dello sterco per la costruzione di architetture nelle più lontane culture del pianeta, dalle antiche civiltà italiche all‘Africa, passando per opere storico-letterarie come la Naturalis Historia di Plinio, fino alle ricerche scientifiche più attuali e alla produzione artistica che tocca l’uso e riuso di scarti e di rifiuti. Un gabinetto di curiosità contemporaneo che trova il suo unitario principio guida nella scienza e nell’arte della trasformazione.

Centrali, anche per l’allestimento, sono i temi del riuso e della stratificazione: accanto allo sterco, costantemente riutilizzato ed inserito in un processo di vita ciclico che conferisce poeticità alla materia, vi sono oggetti di scarto e riciclati come le originali porte del castello, gli strumenti di lavoro delle campagne, iPad e Mac di vecchia generazione che diventano supporti espositivi.

Inoltre, il Museo della Merda cresce in tre dimensioni: non solo un luogo fisico da visitare, ma anche uno spazio virtuale ed una realtà in movimento. I contenuti del Museo sono infatti caricati su una piattaforma online, un sito web che permette un’interazione diretta e allargata con il pubblico e l’aggiornamento costante delle attività, dei progetti e delle iniziative. In questo modo, il Museo diventa anche itinerante, e mostra come sia possibile la dimensione di un Museo diffuso, che cresce grazie alla condivisione dei propri contenuti con realtà simili, grazie al confronto con altre persone curiose, con le quali fare progetti e poter lavorare; ne derivano collaborazioni attive con istituzioni museali, pubbliche e private, università, archivi e centri di ricerca.

Allora, vi abbiamo convinti?

Per maggiori informazioni, visitate il sito www.museodellamerda.org, e sfogliate  la nostra gallery!

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