Boris Johnson è il vincitore del “President Erdogan Offensive Poetry competition”, l’iniziativa lanciata dal giornale britannico «The Spectator» contro la decisione del governo di Berlino di processare Jan Böhmermann. Il comico era stato infatti accusato di avere leso la maestà del capo di Stato turco Racep Tayyip Erdogan durante un programma televisivo, il 31 marzo scorso.
Ebbene sì, l’autore del limerick di insulti più diffamatorio e piacevole tra quelli inviati alla redazione del giornale inglese, è proprio l’ex sindaco di Londra, che in questi giorni è passato all’onore delle cronache per essere uno dei più infervorati sostenitori della Brexit. Boris Johnson sarà premiato il 23 giugno dalla testata inglese con un premio di mille sterline.
La storia di Jan Böhmermann aveva infatti sollevato un grande polverone mediatico in aprile. Il comico si era esibito in una performance satirica decisamente poco politically correct. In tale occasione aveva intonato una canzone e declamato una poesia che scatenarono le ire del presidente turco Erdogan. A tal punto che Erdogan aveva richiesto l’intervento della cancelliera Angela Merkel, la quale accolse le sue lamentele.
In Germania, infatti, esiste il reato di “offesa ad un capo di Stato estero”, che prevede come condanna severe forme di detenzione, da tre a cinque anni. Allora come oggi, il punto della questione era la libertà di espressione e di satira di cui godiamo in Europa. Fino a che punto è possibile spingersi? E’ giusto che sia una capo di Stato straniero (noto, tra l’altro, per aver incarcerato giornalisti anti governativi) a porre dei limiti?
Si capisce di quale avviso sia Douglas Murray, il giornalista di «The Spectator» che ha lanciato la competizione. Il limerick è una forma di filastrocca molto semplice e infantile. Si tratta di cinque versi in rima molto rigida dal contenuto spesso nonsense, umoristico, anche osceno.
Avere assegnato a Boris Johnson la vittoria della competizione è, secondo le parole dello stesso Murray, “anti meritocratico”, e una scelta tutta politica.
“Io penso”, dice Murray dalle colonne online di «The Spectator» , “che sia un fatto sorprendente che un leader politico britannico abbia dimostrato che la Gran Bretagna non si inchini di fronte al sedicente califfo di Ankara. Erdogan può imprigionare i suoi oppositori in Turchia. La cancelliera Merkel può imprigionare chi critica Erdogan in Germania. Ma in Gran Bretagna noi continuiamo a vivere e respirare liberamente. Non abbiamo bisogno di potentati stranieri che che ci dicano cosa pensare o dire. E non abbiamo bisogno di un giudice (soprattutto tedesco) che ci istruisca su cosa dovremmo trovare divertente”.
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