di Ivan Ferrari
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Ti ricordo nel coltivo del pallore
piegare le spighe con le mani tese
incontro al margine verde del maggese
posandomi grandi occhi neri sul cuore.
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Ricordo i fruscii, le trasparenti voci
di stoffe molli al centro dei tuoi incroci
Ricordo quel tuo timido palpitare,
profumo di terra, profumo di mare.
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Sotto i più caldi soli finora scorti
dall’antro segreto delle belle sorti
avevi lo zucchero sparso sul naso,
avevi un tesoro trovato per caso.
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Troppe sommesse voci di paradiso
hanno coperto per anni quel tuo viso,
troppa dolcezza di note o di visioni
mutavano in canti le tue discussioni.
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Nella tua figura mi ero confessato
malato di te, colpevole d’amore
e il nostro cielo era un falò sconfinato,
ma la notte non ricorda quelle altre ore.
Ha il ricordo rotto di un cielo stellato,
tanto freddo e muto quant’ogni dolore.
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Sapevo e non credevo
che mi eri proprio accanto,
sapevo e non credevo
che mi costasse tanto,
sapevo e non credevo
che già via te ne andavi,
sapevo e non credevo
nel vuoto che lasciavi.
Un commento su “I Lasciti del Vuoto”