Di Roberta Giuili
Lo scorso 9 Giugno Richard Gere ha presentato il suo film “Gli invisibili” alla comunità di Roma di Sant’Egidio. Smentendo le aspettative sfuggenti di una star hollywoodiana, l’attore è rimasto per molto tempo a parlare e rispondere a domande; ha riso e scherzato, ha fatto sorridere, e si è anche commosso al parlare del suo maestro, il Dalai Lama.
La stessa decisione del produrre il film è stata frutto di un sentimento profondamente umano più che di un conto a tavolino: Gere e Andrea Occhipinti erano coscienti di realizzare un film che non avrebbe fatto sfondare ai botteghini, ma sono speranzosi di aver creato un prodotto cinematografico fuori dalla norma, un pezzo di vita e uno spaccato di società che forse aiuterà a riflettere sulla disumanità dell’indifferenza e renderà “visibili” molte persone.
L’ambiguità del latino può venirci incontro per sottolineare il limite invisibile e sottile che corre tra uno sguardo distratto e indifferente ed uno attento e preoccupato, almeno commosso, almeno toccato. Il sostantivo animalis infatti in latino può essere interpretato sia come bruto, e quindi animale in senso proprio e perciò essere animato ma privo di anima, e sia come essere umano quindi essere oltre che animato dello spirito vitale anche portatore di un organismo suscettibile ai sentimenti.
È proprio questo che il film ci invita a non perdere. La pietà umana, lo sguardo per il nostro simile, cosa che effettivamente stiamo perdendo se Richard Gere ha raccontato che durante le riprese del film, lui stesso, RICHARD GERE!!!, non è stato riconosciuto e poichè nelle vesti di un barbone, non è stato degnato di uno sguardo.
Probabilmente per molte delle persone che sono di casa a Sant’Egidio, che come ha detto l’attore “sono abbracciate in questa comunità straordinaria”, quest’incontro sarà un evento memorabile da ricordare e raccontare, magari non creduti, a conoscenti e familiari.
Per Richard Gere probabilmente è stato un momento in cui, secondo gli insegnamenti del Dalai Lama, ha più ricevuto che dato, circondato dalla sincerità e dalla concretezza di persone che hanno poco, ma sono baluardi di speranza e felicità. Ha ricordato anche a noi di non dimenticare tali realtà, di essere umani e non affidarci alla posizione nel mondo che si acquisisce come si perde.
2 commenti su “Richard Gere contro la disumanità dell’indifferenza”
Brava! Bel ritratto di un “famoso” bello…che è bello soprattutto dentro.
…con la mia solita pignoleria, avrei aggiunto che il sostantivo latino ha anche tutti e tre i generi (e due forme diverse, sempre della terza declinazione > animal, animalis – neutro, e animalis, animalis – maschile e femminile), il che sottolinea ancor più l’aspetto che hai evidenziato.
Sarebbe stato un elemento in più proprio adatto… grazie per la bella osservazione! Sono sempre utili le critiche buone 🙂