Terza lettera dal Perù, storia di Lucio, degli uomini e del mondo intero.
Lucio gioca come gli altri bambini, ma non è esattamente come loro. Corre, urla, ride, lo fa come molti, eppure non è uguale agli altri. Dice a stento qualche parola in spagnolo, ha 7 anni ma va ancora all’asilo e se gli parli ti guarda con gli occhi persi perché non capisce. Bisogna mimargli cosa c’è da fare. Non sa prendere in mano la penna e a malapena conosce i numeri e le lettere del alfabeto. Non riesce a concentrarsi e ha difficoltà anche a disegnare o copiare. Lucio non va a scuola anche se dovrebbe. Lucio non ha malattie mentali o altri impedimenti, ci siamo informati, semplicemente non è inserito come lo sono tanti altri bambini. I bambini che partecipano al nostro progetto sono di diversa estrazione sociale, la maggior parte lavora, o in casa come le bimbe o fuori. Vendono qualcosa al mercato, lavorano nell’edilizia, in miniera o aiutano l’attività dei genitori. Come dire, anche se sfruttati, sono svegli, hanno vita, capiscono. Lucio vive fuori dalla città, là dove inizia la campagna. È un’altra galassia del mondo andino.
La storia di Lucio è diversa da quella di tanti altri bambini di Huamachuco, lui viene da una realtà che è al margine della vita sociale di questa cittadina andina. La sorellina, un po’ più grande, anche lei nel nostro centro, ha confidato ad una volontaria che lei e Lucio subiscono violenza domestica, che devono lavorare in campagna e che ora lo stato peruviano ha costretto i genitori a inserire i bambini nelle scuole. Per questo sono finiti anche nel nostro progetto per il dopo-scuola. Ora gli stiamo insegnando a prendere la penna in mano correttamente e i numeri da 0 a 9 oltre all’alfabeto.
In questa lettera dal Perù non sarò molto lungo, credo che tante cose si capiscano senza prosopopee e storie strappalacrime. Tralasciamo i buonismi terzomondisti e il vittimismo moderno. La storia di Lucio non sarà mai sui giornali, nelle televisioni, nei discorsi dei candidati presidenti. Tanto meno sarà argomento dei G7, G8 o dei forum mondiali per l’economia. Finché non serve alle grandi testate, come fu per Aylan, vero?
Lucio ha grandi difficoltà di concentrazione e apprendimento e la madre lo vuole anche ritirare dal nostro centro, dice che deve fare 40 minuti di cammino per portare i bambini qui. Proveremo a convincerla, a trovare una soluzione. Non sarebbe la prima volta. Si potrebbe pensare che Lucio è fuori dalla storia, più di tanti altri bambini di qui che grazie a Dio a scuola ci vanno e delle speranze, se pur difficili, le incontrano. Si potrebbe pensar che la storia gli passi accanto, forse di sopra, mentre gioca qui nel nostro cortile, senza saper nemmeno parlare con i suoi compagni. Solo corre, solo ride. E fuori il mondo globale, i potenti che sfruttano questi paesi del mondo, il mondo occidentalizzato, totalmente economicizzato. Brindano su questa emarginazione, necessaria per mantenere l’ignoranza e dunque la sottomissione di popoli interi. Delle volte arrivano in città, in giacca e cravatta, i canadesi, in cerca di nuovi giacimenti auriferi, da poter spolpare. Sorridenti con i denti bianchi.
Invece no, la storia di Lucio è anche la storia del mondo, è anche la nostra storia. Forse è più Storia della globalizzazione, forse è parte di quelle poche storie che si possono davvero considerare tali. Di minori come Lucio il mondo è pieno, sono loro che occupano i binari abbandonati. Li si nota a malapena quando, sopra l’alta velocità, ci passi accanto. Ma la felicità negli occhi di Lucio non la potranno corrompere o comprare, finché ci sarà chi vorrà dare speranza. Proprio come dice quella canzone dei Calle 13, non potranno mai comprare l’allegria:
“Tu no puedes comprar el viento, tu no puedes comprar el sol
Tu no puedes comprar la lluvia, tu no puedes comprar el calor
Tu no puedes comprar las nubes, tu no puedes comprar los colores
Tu no puedes comprar mi alegría, tu no puedes comprar mis dolores“
Ha ragione Fëdor Dostoevskij quando ne I fratelli Karamazov dice:
“Ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla Terra, questo è indubbio, non solo a causa della colpa comune originaria, ma ciascuno individualmente per tutti gli uomini e per ogni uomo sulla Terra“.
Italo Angelo Petrone
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