Fotografa, attrice, attivista politica e combattente, questo è tutto ciò che è stata Tina Modotti, rivoluzionaria dell’Italia dei primi decenni del Novecento.
Nata come Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, ma semplicemente nota come Tina Modotti, nasce nel 1896 a Udine; fin da bambina cresce a contatto con l’ideologia socialista cui aderivano i genitori operai, destino che raggiunge anche lei quando a dodici anni inizia a lavorare in una filanda.
Negli stessi anni però la Modotti, con lo zio che possiede uno studio fotografico, impara i rudimenti della fotografia e come usare una macchina fotografica. Da qui inizia l’amore per questa disciplina che porterà avanti tutta la vita, diventando una delle più importanti fotografe degli anni ’20 e ’30.
A diciassette anni Tina Modotti emigra in America, a San Francisco, dove già si era trasferito il padre, come moltissimi italiani dell’epoca. Qui inizia la sua prima attività di attrice amatoriale, che diventa una vera e propria professione quando, cinque anni dopo, col marito, si trasferisce a Los Angeles.
La carriera da attrice della Modotti non è particolarmente sfavillante: oltre a diverse parti in teatro, al cinema gira solamente tre film, esordendo nel 1920 con The Tiger’s Coat, l’unica pellicola sopravvissuta e tutt’ora visibile, recuperata negli USA. Ne fu fatta una videocassetta poi digitalizzata, conservata oggi alla Cineteca del Friuli (visibile anche su YouTube a questo indirizzo.)
Dalla pellicola emerge quanto l’immagine della donna italiana fosse ancora molto stereotipata nell’immaginario degli americani nei primi anni Venti: l’attrice fu apprezzatissima per il suo “fascino esotico”; in The Tiger’s Coat Tina interpreta una giovane affascinante messicana e si fa spesso riferimento al suo aspetto “diverso” in particolar modo alla sua “pelle scura”.
Nello stesso periodo la Modotti era entrata in contatto col fotografo Edward Weston, per cui posa come modella e ne diventa l’amante. Da quello che si legge nei Daybooks di Weston, delle parti che le facevano fare al cinema era la stessa Tina a riderci sopra e diceva lei stessa che i cineasti sembravano non riuscire ad immaginare una ragazza italiana senza un coltello tra i denti o gli occhi iniettati di sangue.
È con Weston che nel 1923 si trasferisce a Città del Messico; grazie ai suoi insegnamenti, Tina da fotografa amatoriale diventa una professionista e le sue fotografie diventeranno celebri in America e in Europa.
Qui Tina Modotti e il nuovo compagno entrano in contatto con i maggiori artisti del periodo come Diego Rivera e la pittrice, moglie di Rivera, Frida Kahlo, e soprattutto con gli esponenti del partito comunista messicano, con alcuni dei quali l’attrice porta avanti delle relazioni sentimentali; nel 1927 si iscrive al partito Comunista e diventa a tutti gli effetti un’attivista politica e una fotografa per diversi giornali di sinistra.
Contemporaneamente, la Modotti viene nominata fotografa ufficiale del movimento muralista messicano e raggiunge l’apice del successo da fotografa.
Nel 1930 Tina viene espulsa dal Messico a causa della sua militanza nel partito; dopo aver toccato diverse tappe in Europa, si stabilisce a Mosca iniziando a lavorare per la polizia segreta sovietica, finché allo scoppio della guerra civile spagnola insieme al politico e amico Vittorio Vidali parte per combattere a fianco delle Brigate Internazionali e vi resta per tre anni quando, nel 1939 torna in Messico sotto falso nome. Morirà a Città del Messico nel 1942; alcuni, tra cui Diego Rivera, sostennero che fosse stato lo stesso Vidali il mandante dell’omicidio perché Tina era a conoscenza di particolari scomodi nella sua attività politica; l’ipotesi dell’omicidio è rimasta tale e la maggior parte delle fonti attestano che sia invece morta d’infarto.
Tina Modotti viene sepolta nel cimitero Panteon de Dolores di Città del Messico, e a dimostrazione dell’importanza che ebbe nell’ambiente culturale dell’epoca il suo epitaffio fu composto da Pablo Neruda.