Luigi Pirandello: la crisi e la catastrofe dell’identità

Si sa, di articoli su Luigi Pirandello, sul suo genio, sulla sua poetica, sulla sua Arte, ve ne sono tantissimi; ma quì l’intento è quello – magari anche un po’ ambizioso –di redigere un piccolo servizio, per scrivere qualcosa di diverso su un tema molto moderno: la crisi d’identità, o meglio, la catastrofe dell’identità.

Luigi Pirandello nasce nel 1867 nei pressi di Girgenti, attuale Agrigento. Tutte le opere di Pirandello sono connesse con il ‘caos’, momento che precede la divisione della materia e momento di vera autenticità. Dopo gli studi classici, sceglie la Facoltà di Lettere a Roma. E’ qui che conosce Luigi Capuana, grande esponente del Verismo che lo spinge ad abbandonare la poesia, primo interesse di Pirandello, per il romanzo. Nell’estate del 1893 scrive il suo primo romanzo L’esclusa, nel quale in un’ambientazione ancora naturalista, l’autore comincia a mettere in opera una destrutturazione dell’impianto romanzesco tradizionale.
Nel 1903 il tracollo economico del padre costringe Pirandello ad intensificare le collaborazioni giornalistiche e ad impartire lezioni private; nel frattempo la moglie Antonietta comincia a manifestare i primi segni di quello squilibrio mentale che quindici anni dopo ne causerà l’internamento.
Nella produzione narrativa le opere più celebri sono: Il fu Mattia Pascal, Uno nessuno centomila, I vecchi e i giovani; tra opere saggistiche L’umorismo, pubblicato nel 1908.
Nel 1910 Pirandello inizia a produrre per il teatro: trasforma numerosi racconti in opere teatrali. Dopo un grandissimo numero di opere Pirandello, nel 1922, riesce a raggiungere quel successo internazionale che lo rese uno dei più grandi drammaturghi del ‘900, e non solo.
Nel 1934 riceve il Premio Nobel per la letteratura e, solamente due anni dopo, in seguito ad una polmonite, Luigi Pirandello muore a Roma nel 1936.

Pirandello incentra la sua letteratura sulla scissione dell’uomo moderno e sulla crisi dell’identità e della coerenza dell’individuo.
I personaggi si nascondono dietro una ‘maschera’ per combattere le condizioni della società, mostrando come l’uomo abbia bisogno di autoinganni: deve cioè credere che la vita abbia un senso e perciò organizza l’esistenza secondo convenzioni che devono rafforzare in lui tale illusione. Gli autoinganni individuali e sociali costituiscono la ‘forma’ dell’esistenza, essa è data dagli ideali che ci poniamo, dalle leggi civili, dal meccanismo stesso della vita associata. La ‘forma’ blocca la spinta delle pulsioni vitali- la tendenza a vivere momento per momento al di fuori di ogni scopo ideale e di ogni legge civile: essa cristallizza e paralizza la vita.
Il soggetto, costretto a vivere nella ‘forma’, non è più una ‘persona’ integra, coerente e compatta, fondata sulla corrispondenza armonica fra desideri e realizzazione, passioni e ragione; ma si riduce a una ‘maschera’ che recita la parte che la società esige da lui e che egli stesso si impone attraverso i propri ideali morali.
‘Tutti gli uomini sono maschere o personaggi perché tutti recitano una parte.’
Il personaggio non è coerente, solido, unitario, perché non è più persona. Ha davanti a sé solo due strade: o sceglie l’incoscienza, l’ipocrisia, l’adeguamento passivo alle ‘forme’, oppure vive consapevolmente, amaramente e autoironicamente la scissione fra ‘forma’ e ‘vita’.
La persona cambia sempre, l’identità è volatile, momentanea ed è possibile moltiplicarla all’infinito; ogni sforzo per mettere ordine alla propria esistenza è vano e inutile.

C’è dunque una distinzione fondamentale tra persona e personaggio. ‘Persona’, secondo l’uso comune, rappresenta ‘l’essere umano nei rapporti sociali, in quanto soggetto cosciente in sé, moralmente autonomo, capace di diritti e doveri.’ Oggi quindi con il termine ‘persona’ si indica l’integrità dell’individuo, visto come unità morale e psicologica. La psicanalisi ha messo in crisi questo concetto di ‘persona’ mostrando come il soggetto è sempre nel profondo, scisso e contradditorio.
‘Personaggio’ è uno tra i protagonisti di un dramma, di una commedia, di un poema, di un romanzo o di una novella. Il personaggio recita una parte in un mondo di finzione.
Per Pirandello tutti gli uomini non sono più persone ma personaggi all’interno della commedia sociale; ogni uomo porta di necessità una maschera o recita il ruolo che la società o le convenzioni o i propri ideali astratti gli impongono.
Essendo l’esistenza normale ‘forma’ che blocca e paralizza la ‘vita’, le ‘persone’ si sono trasformate in ‘personaggi’ costretti a recitare uno specifico ruolo sociale.
Le costanti letterarie di Pirandello sono quindi: identità, cultura sociale e relatività.
Concetti che resero Luigi Pirandello uno dei più grandi pensatori del Novecento mondiale capace ancora oggi, soprattutto oggi, a far riflettere su questa messa in scena (nel vero senso della parola) chiamata vita- o forma?

credits:

notiziariodelleassociazioni.it, ”Oltre la maschera: mi tolgo la maschera di tutti i giorni”.  28 febbraio 2012.

altritaliani.net, “Inaudite risonanze”. Parte 1: Pirandello e il realismo occidentale”.  30 marzo 2012.

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