Una Rosa per Rino Gaetano

di Domenico Alati

Chi di noi può dire di aver conosciuto veramente bene un amico, un parente, un collega?

Chi può affermare di non aver giudicato dalle apparenze una persona molto spiritosa bollandola come poco seria, oppure una taciturna e riflessiva come timida?

Siamo sicuri di essere davvero scevri da pregiudizi? Di aver ragionato con la nostra testa mentre ci veniva sussurrato quel certo pettegolezzo, o accolto un aspetto insolito di qualcuno ammettendo di non averlo considerato prima?

E soprattutto, chi di noi non ha dei piccoli, inconfessabili segreti? Fatti che teniamo per noi in mancanza di orecchie che sappiano ascoltare, o che non possiamo dire per non violare un qualche patto o accordo anzitempo stipulato?

È possibile allora che la tesi, suggeritaci nel 2013 dall’avvocato Bruno Mautone, che il cantautore Rino Gaetano potesse essere affratellato ad una consorteria massonica non fosse così campata per aria?

C’è da chiedersi se i familiari e gli amici, nonché alcuni colleghi del geniale artista scomparso il 2 giugno 1981, in seguito ad uno scontro frontale con un mezzo pesante, conoscessero strettamente ogni ambito della sua vita a tal punto da escludere che potesse essere un libero muratore. Categoria, come sappiamo, invitata al segreto di affiliazione.

Il nuovo saggio dell’avvocato agropolese, Chi ha ucciso Rino Gaetano? (rEvoluzione, 2016), sembra anch’esso rinunciare in parte a quest’ipotesi. Curiosamente un misterioso articolista de «La Stampa», il giorno successivo alla scomparsa prematura del cantante, accostava una delle logge massoniche più influenti di quegli anni, la famigerata P2 di Licio Gelli alla celebre Nuntereggae più, laddove il cantante chiama in causa anche personaggi poi risultati iscritti.

Risulta oltremodo inquietante, nelle tesi di Mautone, che il TG RAI che annunciò la morte di Rino Gaetano parlasse di uno scontro frontale con un camion, mentre le immagini mandate in onda dimostravano la non veridicità dell’affermazione. Come se non bastasse, due senatori del Movimento Sociale Italiano rivolsero al Ministero della Sanità un’interrogazione parlamentare chiedendo chiarimenti sulla morte di Rino, precisamente il 4 giugno 1981, ricevendo una versione dei fatti incompleta e contraddittoria solo otto mesi più tardi.

In questa sua seconda full immersion nell’universo gaetaniano, Bruno Mautone conferma che l’artista fosse a conoscenza di fatti che potevano essere stati appresi solo in certi circoli di potere, in un’epoca, gli Anni Settanta, in cui non esisteva Internet. E non solo; il fatto che fosse a conoscenza di fatti ancora di là da venire suggerirebbe la possibilità che l’istrionico artista avesse una fonte proveniente nientedimeno che da ambienti diplomatici e che fosse quest’ultimo, probabilmente, a metterlo a conoscenza dei segreti più bui della Prima Repubblica.

È da sottolineare la straordinaria abilità del giovane romano d’adozione, ma nato a Crotone, nel dare corpo a brani inequivocabilmente divertenti e allo stesso tempo disseminarli di riferimenti più o meno nascosti a fatti e personaggi di quell’epoca. Ad esempio, tra le righe di un brano poco noto ai più, Ok papà del 1977, sembra richiamare il rapporto di sudditanza militare e politica tra Italia e Stati Uniti (USA il pugnale), evocando una struttura segreta legata alle sorti governative di quell’epoca (GLADIO).

Nel periodo durante il quale scriveva e cantava Rino Gaetano, in Italia operava in gran segreto una struttura legata all’intelligence americana. La struttura non avrà la fortuna di rimanere coperta a lungo incappando in vicende giudiziarie in quanto implicata in episodi tragici e bui degli anni ’70. Questa organizzazione mostra un chiaro riferimento al simbolo della Nato, la Rosa dei venti.

Alcuni ufficiali risultati essere contigui a quest’apparato vennero coinvolti nei processi per gli attentati ai treni e per aver depistato le indagini, facendo ritrovare a bordo di alcuni convogli armi ed esplosivi e poi facendoli ritrovare. Quale fu il percorso ferroviario utilizzato per l’operazione di depistaggio? La tratta Taranto-Ancona. Come l’artista canta nel brano Mio fratello è figlio unico.

Cosa ci lascia la vicenda di Rino Gaetano?

Noi che non facciamo parte del jet set, del mondo dello spettacolo, né siamo vittime di complotti.

Noi che tutte queste faccende non riguardano, che non abbiamo tempo da perdere, dobbiamo lavorare.

Dal lato umano la figura del cantautore trasmette una lezione di umiltà e di coraggio, voglia di non fermarsi alle apparenze, finanche l’astensione dal giudizio.

L’esercizio della comprensione e dell’empatia, in quanto siamo un po’ tutti dei figli unici che vogliono essere capiti e amati prima ancora che condannati.

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