di Marta Chiesa e Silvia Vecchione
Victoria’s Secret. Leggi: modelle bellissime che passeggiano sorridenti e ancheggianti lungo passerelle ben illuminate e decorate, indossando scenografiche ali di farfalla o, soprattutto, di angelo, esibendo stupendi completino intimi, audaci, preziosi, di classe.
Questo aspetto sfavillante del brand è ben noto, ma forse non tutti conoscono la sua storia.
Victoria’s Secret fu creata nel 1977 da un imprenditore statunitense, Roy Raymond. Otto anni prima di formare il marchio ora famoso in tutto il mondo, Raymond entrò in un grande magazzino con l’idea di comprare un grazioso completino intimo alla moglie, ma il suo progetto venne mortificato dalla merce esposta sugli scaffali: file di accappatoi di spugna e camicie da notte di nylon a stampe floreali. Non esattamente quello che aveva in mente. Perciò decise che avrebbe creato un marchio di lingerie molto sexy ma di classe, che avrebbe fatto sentire le donne belle e desiderabili, e che non avrebbe fatto sentire dei pervertiti i poveri mariti che entrano in negozio.
E così, dopo essersi preso tutto il tempo per studiare il mercato dell’intimo femminile, Roy fondò Victoria’s Secret. Creò un boudoir vittoriano –in riferimento ai “segreti” della regina Vittoria– e il successo fu immediato.
Dopo cinque anni, nonostante il successo conseguito, Raymond vendette la società al capace imprenditore Leslie Wexner. Wexner coglie subito il difetto del marchio: Raymond si era concentrato troppo sui desideri maschili, e non aveva creato una linea di lingerie che attirasse anche le donne, cioè che fosse comoda oltre che bella, che potesse essere portata tutti i giorni. Ma allo stesso tempo Wexner coglie l’enorme potenziale dell’idea di Raymond e della sua catena di negozi come prima non si erano mai visti. Un anno dopo l’acquisizione inizia a rivoluzionare Victoria’s Secret, rendendolo quello che è ancora oggi, ovvero il marchio di lingerie più famoso e più proficuo del mondo.
Nel 1993 Raymond, dopo aver assistito al fallimento della sua nuova società di abbigliamento per bambini nel giro di due anni, si suicida lanciandosi dal Golden Gate Bridge.
Il successo di Victoria’s Secret non si è fermato. Oggi la maggior parte delle dirigenti è composta da donne: nessuno meglio di loro è in grado di apprezzare i modelli, quindi nessuno meglio di loro è in grado di venderli.
La storia del fondatore di Victoria’s Secret viene citata nel celebre film “The Social Network”, che racconta la nascita e lo sviluppo di un’idea come quella di Raymond stessa, geniale e innovativa, ma che doveva essere gestita sapientemente:
“Un laureato a Stanford di nome Roy Raymond vuole comprare della lingerie per sua moglie, ma si vergogna troppo di prenderla in un centro commerciale allora gli viene l’idea di aprire un posto elegante che non lo faccia sentire un pervertito. Prende un prestito di 40 mila dollari, se ne fa prestare altri 40 mila dai suoceri, apre un negozio e lo chiama Victoria’s Secret. Guadagna 500 mila dollari il primo anno, lancia un catalogo, apre altri tre negozi e dopo cinque anni vende la società a Leslie Wexner per 4 milioni di dollari. Un lieto fine, giusto? Se non fosse che la società due anni dopo vale 500 milioni di dollari e Roy Raymond corre al Golden Gate e si butta giù. Il poveretto voleva solo comprare un reggicalze alla moglie, capisci?”
Le ragioni alla base del gesto compiuto da Raymond non sono state finora oggetto di ampio approfondimento, e, pertanto, sono rimaste fondamentalmente ignote. Si può però verosimilmente ipotizzare che l’uomo sia caduto in preda allo sconforto dopo aver realizzato che ciò che aveva venduto era un’idea di ricchissimo potenziale: Raymond aveva deciso di cedere ciò che lui stesso aveva progettato e creato, facendosi sfuggire la portata della propria preziosa invenzione e fallendo nel prevederne il successo.
Il film “The Social Network”, perciò, citando l’episodio, pare, in maniera implicita, volerci ricordare di prestare attenzione al potenziale contenuto nelle nostre idee, esortandoci a diventarne consapevoli, per poi non farselo sfuggire, ma, al contrario, saperlo sapientemente coltivare e sviluppare.
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