Autori che, purtroppo, non entrano spesso nei programmi scolastici sono parecchi e spesso non si ha la possibilità di apprezzare opere che hanno rappresentato, in un certo periodo della nostra storia letterarie, vere e proprie “perle” di letteratura.
Ma non è mai troppo tardi per gettare una luce più chiara e esaustiva su tali autori, in questo caso i nostrani Giorgio Bassani, Lalla Romano e Natalia Ginzburg.
È radicata ormai in Italia una narrativa borghese, consapevole delle innovazioni introdotte da Proust e da Svevo, ma volta a riassorbirle in una scrittura più tradizionale, in cui il grado d’inventività giunge difficilmente a urtare la sensibilità comune.
In genere si tratta di scrittori borghesi che scrivono sulla borghesia: è il caso, appunto, di autori come Giorgio Bassani, Lalla Romano, Natalia Ginzburg.
I tre autori citati hanno in comune il tema della memoria, dell’analisi psicologica, del rapporto tra passato e presente, con implicazione ora scopertamente ora larvatamente autobiografic
Inoltre appartengono tutti alla stessa generazione, quella formatasi negli anni Trenta: Lalla Romano è del 1909, Natalia Ginzburg e Giorgio Bassani del 1916.
Giorgio Bassani (1916-2000) era di famiglia ebrea, come Natalia Ginzburg.
I suoi libri sono stati da lui unificati sotto il titolo comune Il romanzo di Ferrara (Mondadori, 1980 ultima edizione) e infatti sono dedicati alla borghesia ebraica ferrarese, fra fascismo e dopoguerra. Il ciclo comprende Cinque storie ferraresi (1956), Gli occhiali d’oro (1958), Il giardino dei Finzi Contini (1962), Dietro la porta (1964), L’airone (1968) e i racconti L’odore del fieno (1972). Bassani privilegiava una narrativa fatta di sfumature, di raccordi simbolici, di sofferta intimità. I personaggi ebraici riflettono un destino di emarginazione e di solitudine che è quello stesso dell’intellettuale nella società contemporanea.
Lalla Romano (1909-2001) è stata una scrittrice elegante ed appartata. La sua prima opera Le metamorfosi, è stata pubblicata da Elio Vittorini nel 1951.
Il tema autobiografico, trattato con estremo pudore e asciuttezza di tratto, lega come un filo tutti i suoi romanzi, a partire da La penombra che
abbiamo attraversato (1964), a Le parole tra noi leggere, sul rapporto con il figlio, al rapporto con il marito (Nei mari estremi, 1987).
Il suo romanzo di maggior successo è probabilmente Una giovinezza inventata (1979), dove Lalla Romano, attraverso il racconto della propria educazione culturale e sentimentale, riesce a sottolineare quell’elemento tragico che fa parte di tutte le esperienze di formazione per le giovani donne: la lotta disperata per uno spazio dove poter liberamente ricercare la propria identità ed espressività.
Il terreno preferito della memoria familiare e dell’autobiografia la avvicina a Natalia Ginzburg.
Il capolavoro di quest’ultima è Lessico famigliare, del 1963 (Einaudi). In esso si realizza infatti una svolta: anzitutto la Ginzburg sceglie la strada dell’autobiografismo, in secondo luogo aggiunge una buona dose di affettuosa ironia e di distaccato umorismo.
Dopo Lessico famigliare la scrittura della Ginzburg perde questa carica affettuosamente ironica: sempre più, infatti, il tema familiare si associa a quello della solitudine, della dissoluzione e della fragilità.
Letteratura come ricordo, letteratura come memoria, letteratura in un periodo che ha segnato, profondamente, la nostra Storia.