Una delle icone che segnerà per sempre il nostro secolo è il cosiddetto Barack Obama “Hope” Poster, ideato nel 2008 dall’artista americano Shepard Fairely e definito dal The New Yorker come l’illustrazione politica più efficace dai tempi di “Uncle Sam wants You”. Sono passati otto anni e per Barack Obama si avvicinano gli ultimi mesi da inquilino della Casa Bianca: al di là dell’eredità prettamente politica, la presidenza del carismatico avvocato di Chicago si è certamente contraddistinta anche per l’originalità del proprio stile, tanto che potremmo parlare di un vero e proprio “fenomeno Obama”.
Se è vero che già negli Anni Trenta il filosofo Walter Benjamin parlava di una «estetizzazione della politica», il fenomeno Obama rientra perfettamente in questo campo. Si tratta difatti di una buona estetizzazione, intendendo con ciò non un senso morale, bensì l’efficacia pratica che una tale postura politica istituisce. Siamo oggi più che mai attratti dalle spettacolarizzazioni e il fenomeno Obama si presenta come uno spettacolo ben congeniato, il cui messaggio entusiasma da tempo un vasto pubblico. Il fenomeno Obama dà speranza, combatte battaglie “giuste”, appare democratico e versatile per ogni uditore… è accattivante, carismatico, pop, se volete persino “figo”, dal momento che anche questo aggettivo ha fatto la sua ribalta sulle pagine dei giornali. Il fenomeno Obama va ben oltre la sola persona del primo presidente di nero nella storia americana e si inserisce in quella continua proliferazione di stili che fa della politica (da sempre) una questione di estetica: non è forse vero che esiste anche un buon gusto del cattivo gusto, ovvero un modo assolutamente sagace di portare il trashsullo scenario politico? In questo senso il fenomeno Dondald Trump meriterebbe senz’altro una sua analisi!
L’Obama Presidente se ne va, ma gli sopravvive il suo poster, per l’appunto un’icona, qualcosa che ha a che fare con una manifestazione, che rimanda a un “dietro” inafferrabile, in movimento; la grande giostra politica non si ferma e continua imperterrita sulle note del suo grande mantra: “the show must go on”.
Ho 24 anni, sono cresciuto sulle colline piemontesi e sono stato trapiantato a Milano per motivi di studio. Laureando in filosofia, amante della letteratura americana, scrittore pigro e intransigente, mi interesso anche di politica e società, nella speranza che tutte queste cose, un giorno, possano confluire in un lavoro creativo e a contatto con le persone. La parola che meglio definisce ora la mia vita è quella di "postura", giacché si cerca sempre una postura non per stare fermi ma per camminare e saper portare il proprio mondo.
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. L’articolo ventuno […]