Il 7 marzo scorso si è tenuto al Quartier Generale delle Nazioni Unite a Ginevra una riunione per definire le cause degli attacchi di violenza e discriminazione contro le persone affette da albinismo. Precedentemente Ikponwosa Ero ha ricoperto per prima la carica di Esperta Indipendente sui Diritti degli Albini dell’ONU. Perché tanta attenzione su questo tema?
L’albinismo è un disturbo congenito ereditario, a causa del quale si riduce o è addirittura assente la melanina nella pelle, nei capelli, nei peli e negli occhi. I danni più gravi legati a tale patologia riguardano la vista, ma sono talvolta presenti anche problemi respiratori, digestivi ed immunitari. In Italia erano circa 3500 le persone affette da albinismo nel 2013, circa uno su 17.000 abitanti. Questo tasso cresce se ci si sposta in Africa, dove, a seconda delle zone, arriva intorno ad 1 su 2000/5000. I dati non sono certi, ma questa patologia è qui davvero molto diffusa a causa soprattutto del matrimonio tra consanguinei.
Ikponwosa Ero è nata in Nigeria e si è resa conto di essere diversa solo a cinque anni. La mamma le ha sorriso e le ha detto che la sua pelle bianca era un dono di Dio. La bambina, euforica, voleva raccontarlo a tutti. Ma gli altri non la pensavano come sua madre. Ha dovuto affrontare derisione, umiliazione e paura a causa dell’ignoranza della gente, ma è riuscita a riscattarsi. Ora all’ONU sta portando avanti vari progetti contro la discriminazione delle persone affette da albinismo e a favore di una maggior uguaglianza sociale. È stata fortunata la ricercatrice Ero. Ma non è così per tutti.
In alcune zone dell’Africa, tra le usanze e le credenze tradizionali, ha ancora un ruolo fondamentale la magia nera e quindi la figura dello stregone. Gli albini sono considerati strani, diversi, preziosi. Alcune superstizioni vogliono che i loro corpi abbiano poteri magici, e che siano in grado di portare fortuna, successo e prosperità. Un arto di un albino può valere 2.000 dollari, il corpo completo 75.000. Gli stregoni sono disposti a cercare le loro tombe, raccogliere le loro ceneri, farli uccidere pur di avere nelle mani i loro poteri. È questo il motivo che ha spinto il giornalista Stéphane Ebongue a fuggire dal Camerun. È arrivato nel 2007 in Italia, sbarcando a Genova nascosto nella stiva di una nave. Ha dovuto abbandonare la propria famiglia, il proprio lavoro e il proprio paese. Alternativa: la morte, come quella di suo fratello Maurice, scomparso nel nulla vent’anni fa. La fuga di Stèphane è avvenuta a seguito dell’eruzione del vulcano Epassamoto, nel quale, secondo una credenza popolare, vivrebbe una divinità. Al primo segno di pericolo inizia la caccia all’albino, che viene ucciso e smembrato per sacrificare i suoi organi e i suoi arti agli dei, per placare la loro ira.
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Muntuwandi at English Wikipedia (Transferred from en.wikipedia to Commons) (foto 1)
AMOS GUMULIRA/AFP/GETTY IMAGES (foto 2)
twitter, Stephane Ebongue (foto 3)