Christopher Johnson McCandless è un giovane viaggiatore statunitense che all’inizio degli anni novanta, dopo aver conseguito con ottimi voti una laurea alla Emory University, decise di intraprendere un viaggio solitario nell’Ovest Americano. Il giovane ventiquattrenne devolse tutti i suoi risparmi alla Oxfam e lasciò senza alcun avviso la propria famiglia benestante.
Chris partì da solo sulla sua Datsun che abbandonò poco dopo aver cominciato il suo percorso, lasciandovi all’interno la sua vecchia vita e qualsiasi traccia della sua identità. Il giovane proseguì il viaggio in autostop e girovagò attraverso gli Stati Uniti ed il Messico settentrionale. Trascorse gli ultimi 112 giorni della sua vita in Alaska, dove abitò in un autobus abbandonato soprannominato da lui Magic Bus.
Durante tutto il suo percorso Chris, che aveva cambiato nome in Alexander Supertramp, scrisse diverse pagine di appunti in cui spiegava i motivi per cui aveva preso la decisione di lasciare la società e in cui descrive il suo lungo viaggio “into the wild”,ovvero immerso nella natura selvaggia.
La sorella ha raccontato che Christopher ha lasciato tutto per allontanarsi da anni di abusi, violenze verbali e fisiche, subiti sin da bambino da parte del padre alcolizzato e dispotico, che, tra le altre cose, costringeva i figli a guardare mentre brutalizzava la madre, la stessa donna che aveva messo al mondo il piccolo Chris e che ripeteva al bimbo “sono in questa trappola perché sono rimasta incinta di te“. Le sue lettere alla sorella sono un abisso di tristezza e testimoniano il grande percorso psicologico che in quasi due anni di viaggio in condizioni estreme Christopher ha compiuto,giungendo alla conclusione che “la felicità può essere definita tale e reale solo se condivisa“.
Il ragazzo venne ritrovato morto, si crede di fame o più probabilmente intossicato, da due cacciatori nel Magic Bus nell’agosto del ’92, con il cadavere furono rinvenuti, oltre che diversi oggetti di cui si era servito per la sopravvivenza in Alaska, anche i suoi diari, una macchina fotografica contenente un autoscatto ormai divenuto celeberrimo e alcuni libri di Tolstoj, London e Thoreau.
La storia di Christopher McCandless ha ispirato il libro “Nelle terre estreme” di Jon Krakauer e il film di Sean Penn “Into the wild” con la colonna sonora di Eddie Vedder. Il regista riesce a raccontare con estrema semplicità la storia di un ragazzo alla ricerca di se stesso portando su pellicola i sogni, l’inquietudine e gli errori, realizzando un road movie in cui racconta con sensibilità la storia di Chris, senza farlo apparire come un martire o un eroe moderno ma mostrando semplicemente il suo viaggio verso una libertà estrema. Penn porta sul grande schermo la storia senza un ordine cronologico ma avvalendosi dell’uso dei flashback, tra presente e passato, come pezzi di un puzzle che ritraggono lo spaccato di vita di un giovane uomo che sogna solo la libertà. Egli non si limita però a ripercorrere l’avventura on the road di Chris, bensì scava nel profondo analizzando anche i suoi rapporti con la famiglia e la società.
In seguito alla risonanza mediatica, il Magic Bus è diventato meta degli appassionati della storia di Chris e dei turisti estremi, ma nel gennaio del 2014 le autorità locali hanno optato per lo spostamento del veicolo in un punto più raggiungibile, dato il numero eccessivo di persone trovatesi in pericolo mentre tentavano di raggiungere il bus.