La fortuna di un paesino di poco più di cinquecento abitanti risiede nell’immagine paradisiaca che Claude Monet ha nobilitato e trasmesso. Giverny, oltre al melodico e piacevole nome, racchiude gelosamente la residenza lunga quarantatre anni del più apprezzato dei pittori impressionisti.
Per raggiungere la sua residenza, un vialetto coronato da archi vi accompagnerà. L’aroma dei gerani, delle rose, delle calendule e delle primule creeranno una commistione di dolcezza, imitabile quando si gusta una cheesecake: strato per strato, apprezzerete il gusto di un artista che, come tale, ha un ottima passione per i colori e uno strabiliante talento nell’accostarli. Essi infatti, sono i custodi del giardino fin dal 1926, morte di Monet.
Un corso d’acqua attraversa sicuro le radici di alberi più imponenti, ninfee giacciono rilassate su esso, mentre piante rampicanti si insinuano avidamente tra i ponti giapponesi che Claude amava tanto ritrarre. Ogni corolla di quella residenza aveva il desiderio di posare per lui.
Dunque la sindrome di Stendhal sembra catturarvi e rendervi completamente empatici ad una delle numerose tele ispirate dai colori e dalla natura: distese infinite di petali sul tono del viola, un grumo di colore così deciso da piegare gli steli, che si inchinano ai vostri passi; le ninfee, immancabile tratto distintivo dell’artista, sembrano essere le stesse di cento anni fa.
Come se avesse voluto creare una totale confusione e stato di estasi ai suoi ospiti, il giardino divora avidamente le mura della sua casa, dove il colore dominante risulta il verde: non solo le tapparelle e gli arredi del giardino, ma anche le fitte reti di piante precisamente inserite tra esse.