« “Laudato sì, mi Signore”, cantava così S.Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia…» Comincia così l’enciclica di Papa Francesco, Laudato si’, dedicata al rapporto del mondo cattolico con il nostro pianeta, ai temi dello sfruttamento ambientale ma anche umano di cui Madre Terra soffre. A sedere sul banco degli imputati è quella che il pontefice chiama la «cultura dello scarto», colpevole di condannare alla distruzione tutto ciò che non è più utile alla causa del progresso economico e tecnologico senza limite né freno alcuno, senza distinzione fra uomini e ambienti che lo circondano.
Il grido di Papa Francesco contro un modello smithiano di un’economia che prevede una crescita tecnologica ed economica infinita e che erge la crescita del PIL a suo unico idolo è l’urlo di chi si scaglia contro una società miope nel lungo termine. E no, non siamo ad un comizio del Movimento 5 stelle che ha parlato in passato di «decrescita felice». Nella meditazione su alcuni passi della Genesi, Papa Bergoglio ricorda che la terra fu affidata all’uomo affinché la custodisse (Gn 2,15), non perché, come molti hanno invece frainteso, la soggiogasse (Gn 1,28) e ne facesse scempio. Anche nei confronti degli animali deve prevalere una considerazione sull’essere della creatura piuttosto che sulla sua utilità. Ne consegue un trattamento più “umano” degli animali. No, non state leggendo un pamphlet animalista.
La concezione di Terra come patrimonio comune ereditato da credenti e non credenti introduce una breve riflessione all’interno dell’enciclica sulla proprietà privata, che non deve escludere né privilegiare nessuno. Nessuno infatti deve abusare della casa comune in base alla logica della cultura di scarto, non solo dal punto di vista ambientale ma anche dal punto di vista umano. L’atteggiamento di rispetto nei confronti dell’ambiente non può essere disgiunto da un atteggiamento di rispetto verso il prossimo, tanto che il cantico recita “ Laudato si’, mi signore, per quelli che perdonano…”. A scanso di tale equivoco basta ricordare come nella Genesi Caino è cacciato dall’Eden, il paradiso terrestre, dopo aver ucciso il fratello Abele. Perché ecologia significa prendersi cura della casa (oikos) comune e con essa anche dei suoi abitanti.
Questo atteggiamento di rispetto verso il creato pervade l’enciclica e tenta di gettare ponti di dialogo verso chi nel mondo laico, o di altre confessioni, ha sensibilità affini. Il nostro pianeta è innanzitutto visto come un dono prezioso da custodire e far fruttare, non sfruttare senza scrupoli. Il riferimento alla figura di S.Francesco nel titolo si traduce in un’ottica di sguardo benevolo verso il reale, dove anche un lupo è un essere con cui val la pena dialogare. È la dignità del creato a occupare il centro dell’enciclica. Dignità che deve essere al centro della riflessione su Madre Terra, che riguardi la natura o la persona umana, che secondo il cosiddetto principio persona della dottrina sociale della Chiesa cattolica può e deve essere il centro della società umana. Non la percentuale di crescita del PIL. Provocazione costruttiva o ingerenza politica indebita? A voi la parola.