I fiori ricordano quando sbocciare e fare primavera

La memoria ci permette di ricordare i momenti fondamentali della nostra esistenza, ricordi ai quali attingiamo ogni giorno in quanto esperienza che ci aiuta di fronte ai nuovi eventi. Similmente, una pianta può ricordare momenti di gelo o siccità, registrandoli come esperienza e utilizzandola per sapere quando fiorire e fare primavera.

Un recente studio condotto nel Whitehead Institute for Biomedical Research di Cambridge (Massachusetts) sembra infatti aver dimostrato che le piante possiedono una memoria, grazie alla presenza di proteine simili ai prioni. Queste sono delle proteine degenerative e molto pericolose, che in animali e umani provocano un cambiamento della conformazione proteica, portando rispettivamente alla mucca pazza e alla malattia di Creutzfeldt-Jakob, e quindi all’Alzheimer. Non è questo però il caso delle piante, nelle quali invece l’azione dei prioni sarebbe benigna permettendo la creazione di una memoria a luno termine.

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L’Arabidopsis Thaliana, o arabetta comune, utilizzata per lo studio

I ricercatori sono arrivati a tale conclusione confrontando la sequenza di DNA di codifica per una proteina prionica dei lieviti con il genoma dell’arabetta comune. Così facendo sono riusciti a risalire alla luminidepdens (LD), una proteina associata normalmente al favorimento dell’adattamento delle piante al cambio delle stagioni, che ha dimostrato un comportamento simile ad un prione. Se così fosse, la LD sarebbe il primo prione mai trovato in una pianta e significherebbe che essa ne veicola la memoria, permettendole di ricordare il momento più opportuno per la fioritura.

Tale scoperta dunque ci aiuterebbe a comprendere come sia possibile che piante che non hanno mai sperimentato situazioni di siccità o di freddo sappiamo come rispondervi, dato che la loro memoria sarebbe epigenetica, ovvero basata sull’influenza che le proteine hanno sui geni. Dovremo però aspettare ulteriori risultati delle ricerche, anche perché per confermare l’ipotesi sarebbe necessario che i ricercatori documentino passo per passo il processo di avvolgimento delle proteine prioniche. Inoltre, non è ancora ben chiaro se i prioni contenuti in tali piante potrebbero essere trasmissibili a umani e animali, come invece avviene nel caso della mucca pazza.

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