Le nottate in giro sono tutte diverse, ma c’è qualcosa che le accomuna, una sorta di routine che le rende in qualche modo accoglienti e serenamente prevedibili. Si comincia bevendo tra amici, magari non sempre nello stesso posto, una volta a casa di qualcuno, una volta per locali. Si prosegue poi, alticci, verso nuove mete inesplorate, per ballare un po’, bere ancora e magari riuscire a rimorchiare qualcuno. Si fanno incontri bizzarri, succedono cose che il giorno dopo qualcuno, o forse nessuno, ricorda. Per fortuna.
Dopo tutte quelle ore in giro a baciarsi, fumare e bere, ci si ritrova nel cuore della notte con una grande, spropositata, insostenibile fame. È quel passaggio cruciale, quel momento che nessuno prevede all’inizio, ma che accompagna dolcemente tutti nel sonno. Dove si può andare però alle tre del mattino a comprare del cibo? I veterani avranno già intuito cosa intendo, tolti i rari forni notturni, restano i luminescenti paninari.
Non parlo dei cosiddetti “food truck”, furgoncini con cibarie “di lusso”, che si possono addirittura localizzare con un’app; parlo dei cari, vecchi distributori di salamelle “insalsamate”. Anche se l’app per trovarli non l’hanno ancora inventata, chiunque non avrà difficoltà ad imbattervisi, perché si trovano sempre nello stesso punto. Si intravedono da lontano, come un miraggio, un gruppetto di persone è già lì davanti a masticare godurioso, la luce al neon che emanano sembra quasi emettere calore da tanto si è grati di arrivarci. Se si ha particolarmente fame ci si catapulta a quello più vicino alla discoteca alla quale si hanno appena regalato una vagonata di energie e soldi, se invece si riesce ad avere pazienza, o se semplicemente la fame arriva con calma, si può arrivare a quello più vicino a casa: il paninaro di fiducia. Qualche strana legge della natura e della mala educazione però impedisce di conoscerli veramente e di farsi conoscere, ma state pur certi che due chiacchiere gli fanno solo piacere.
Passano la notte in piedi come voi, ma le loro ore sono molto meno dinamiche delle vostre. Il cielo è luminoso anche dopo la mezzanotte e potrebbe quasi sembrare giorno, se non fosse per la folla scomparsa. Nella piazza davanti al furgoncino fanno le loro apparizioni gli abitanti notturni: ubriachi, chi ha appena chiuso bottega o la sta per aprire e tutti, indistintamente, passano dal paninaro.
Lui, per ammazzare la solitudine che si crea tra un avventore e l’altro, guarda qualche telenovelas su un piccolo schermo posto in alto, a cui nessuno fa realmente caso. La vetrina è imbandita di carne e bibite e quando qualcuno ci arriva davanti ha occhi solo per loro, è raro che ci sia uno scambio di sguardi con il venditore e ancora meno succede di salutare. Lui è abituato, ascolta l’ordine, fa grigliare la salamella e mentre chiede “Salsa? Verdure?” pensa alle figlie che dormono a casa, con le quali passerà entusiasta la giornata successiva nonostante la stanchezza. Racconta di loro al cliente che passa abitualmente dopo aver chiuso il suo negozio, si scambiano battute sulle proprie vite come gli anziani al bar con il bianchino delle undici. Non è un reale interesse, piuttosto un “pour parler“ per non sentire passare le ore e anche un po’ per continuare a credere nell’essere umano e nella sua naturale gentilezza. Gli ubriachi vanno via e nella piazza rimane solo il paninaro con il suo piccolo schermo, in attesa del prossimo stomaco da riempire.
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