di Denise Lo Coco
«Non dobbiamo rifiutare certi nuovi strumenti, semplicemente creare il nostro modo di utilizzarli. La distrazione oggi è facile, ma ognuno di noi può mantenere intatta la qualità di un’attività culturale se ci si dedica con passione e attenzione». Questo dice a proposito del rapporto tra cultura e new media Paolo Giovannetti, professore associato di Letteratura Italiana alla Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM. Tra le sue pubblicazioni c’è “Retorica dei media” (2004), che rispecchia il suo interesse per l’intreccio tra letteratura e nuovi media.
Quante volte infatti abbiamo sentito dire che le nuove tecnologie contamineranno o hanno già contaminato il mondo intellettuale? Quanto spesso tendiamo a porre un divisorio tra cultura e mondo dei media? Che cosa significa dedicarsi a scrittura, lettura e poesia oggi e come è cambiata la nostra concezione di cultura? Ci sono dei veri e propri cambiamenti nel nostro rapporto con le attività culturali e, se sì, dipende propriamente dai media o dal nostro modo di praticarle?
Lei si è laureato in Lettere moderne nel 1983. Com’è cambiato il modo degli studenti di concepire la letteratura tra ieri e oggi?
Chiaramente allora da studenti eravamo molto più classicisti e tradizionalisti ma i fenomeni quali rock e cinema, che oggi sono molto presenti negli interessi dei giovani, erano già piuttosto sentiti anche da noi. La differenza sostanziale sta nel fatto che da parte nostra c’era la tendenza a separare le proprie passioni e i propri interessi dall’ambito considerato più “intellettuale”, “scolastico”. Oggi invece musica, cinema e molte altre varie forme di arte vengono trattate come argomenti culturali a tutti gli effetti. Un’altra differenza è che oggi si è molto più relativisti: le vecchie generazioni concepivano i vari argomenti come compartimenti stagni, mentre ora è considerato normale studiare discipline come cinema e musica parallelamente alla letteratura.
Prima c’era quindi una divisione più netta di generi?
Non solo di generi ma anche di valori. Un esempio: i gialli; prima era considerato un interesse minore rispetto alla letteratura tradizionale. Io faccio parte di quella generazione che ha cominciato a chiedersi: perchè ci devono essere arti superiori ad altre? Abbiamo cominciato a mettere in discussione la gerarchia di valori in vigore fino a quel momento.
Crede che ancora oggi ci sia chi è più conservatore e chi è più innovativo? E soprattutto che ancora ci siano dibattiti su cosa si può definire arte o poesia, come per esempio il sempre più discusso genere rap?
Il rap è l’esempio più ecclatante: si fa ancora molta fatica a comprenderlo. Mi hanno invitato a parlare di poesia orale a un festival di Venezia e io, nel mio intervento, ho rimarcato spesso il rapporto tra rap, poesia orale e slam e, non ci crederà, ma i poeti presenti si sono offesi! Ritenevano che essere paragonati a dei rapper fosse inaudito perchè, secondo loro, il rap è qualcosa di troppo mediocre rispetto alla poesia.
Il suo impegno è quello di superare la distinzione tra arti di serie A e di serie B?
Certo: perchè superiore o inferiore? Cosa stabilisce cosa è meglio di altro? Non voglio con questo dire che ogni cosa presentata come arte vada innalzata al titolo di opera eccelsa, però c’è una componente di soggettività e di relatività nel fare e percepire l’arte che è ormai quasi impossibile stabilire una gerarchia di arti.
Si pensa alla digitalizzazione della letteratura come a un fenomeno strettamente contemporaneo mentre in realtà già negli anni ’70 Balestrini ha realizzato una versione digitale del suo “Tristano“.
Sì certo, vari esperimenti d’avanguardia in senso tecnologico sono stati fatti già diversi anni fa. Inoltre, bisogna tenere conto che il medium è qualcosa che c’è sempre stato: il primo medium in assoluto è stato il corpo, poi la voce -pensiamo agli aedi greci-, poi la scrittura e infine oggi abbiamo la virtualità. Quindi forse l’ottica migliore da adottare è questa: capire che il processo dei medium è continuo e in continua evoluzione, sempre in forme nuove a seconda delle generazioni che cambiano. Il conservatore poi c’è stato per ogni epoca: prima era la scrittura a sminuire la voce, poi è stata la stampa a sminuire la scrittura; ora quindi sul banco degli imputati c’è il digitale.
Internet: una minaccia per la letteratura o un mondo ambivalente che offre infinite possibilità?
Il problema vero non è tanto Internet ma cosa diventa la lettura su Internet. Sicuramente oggi tendiamo a leggere più frettolosamente e peggio i contenuti che troviamo sulle pagine web o sui social network, ma dire che in generale la lettura sulla rete sia un male lo ritengo eccessivo. Si può leggere bene e trarre spunti da un testo digitale esattamente come lo si può fare da un libro cartaceo, se ci si dedica all’attività con concentrazione: è il nostro approccio a fare la differenza, non tanto gli oggetti che usiamo. Senza dubbio siamo in un’era di transizione in cui la distrazione è una tentazione facile e ancora si tende a distinguere due momenti: la lettura attenta sul cartaceo e lo scorrimento rapido di notizie e testi sul web.
Che ne pensa quindi dei libri digitali?
Non si può negare che la digitalizzazione dei libri comporti un costo minore e molti non hanno tutti i torti a voler spendere di meno per avere lo stesso contenuto, oltretutto in una forma compatta come un tablet o un pc, rispetto a comprare molte copie cartacee. Penso che quindi la gente ragioni in termini di convenienza e comodità anche in questo, mentre alcuni, evidentemente, mantengono ancora una separazione netta tra oggetti virtuali e libri. Inoltre, anche qui si tratta di una questione di approccio: una buona lettura può essere fatta su qualsiasi piattaforma, se si mantiene l’attenzione adeguata; chiaramente, iniziare a leggere e poi magari interrompersi per chattare o navigare su altri siti rende la lettura infruttuosa e parziale e svaluta la qualità di quel momento.
A proposito di qualità: sul web si possono trovare infiniti contenuti culturali e spazi di discussioni sui più disparati argomenti, ma spesso si tratta anche di commenti o produzioni di basso livello, se non addirittura osceni e offensivi.
Esattamente: la letteratura su Internet inventa nuovi spazi e questo è un grande vantaggio. È vero, si trovano anche molti prodotti culturalmente non validi o che non si avvicinano nemmeno lontanamente alla cultura, ma ci sono sempre più aree in cui molti giovani si trovano a dibattere su molti argomenti. Lo trovo stimolante per chi vuole perseguire un proprio interesse ed è sicuramente un modo facile e utile per farlo. La critica sul web, per esempio, ha trovato un nuovo vasto campo su cui esprimersi: mettere in rete un saggio significa avere una ricezione immediata, variegata e interessante, ricca di spunti e di snodi da cui far partire altre riflessioni. Se questo aspetto venisse sempre ben utilizzato si tratterebbe di avere a disposizione una frontiera ricca di possibilità e risorse: persino ricevere obiezioni e insulti è un modo per confrontarsi, un modo che è sempre esistito ma che ora è semplicemente reso più rapido dalle nuove tecnologie.
Un’iniziativa che consiglia a chi si interessa di letteratura?
Il 9 maggio al Caffè Letterario della IULM ci sarà un incontro per il progetto “Giovani Scrittori IULM”, una collana che pubblica ogni anno una raccolta di racconti di studenti dell’università relativi a un tema dato a inizio del primo semestre. Inoltre, dal 28 gennaio alla Libreria Claudiana di Milano si tiene un ciclo di incontri sulla poesia del ‘900; in particolare, il 12 maggio si parlerà ancora di poesia in termini di avanguardie e rapporto con i new media
Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito:
Un ciclo sulla poesia italiana, incluso PPP, alla Libreria Claudiana (Milano)