di Christian Paciaroni
Sono passati otto anni dall’ultimo disco dei The Last Shadow Puppets -dynamic duo composto dal celeberrimo Alex Turner (leader degli Arctic Monkeys) e il suo amico Miles Kane (chitarrista dei The Rascals)- intitolato “The Age of Understatement”.
Quel disco è stato frutto della collaborazione fra due importantissime figure della scena musicale inglese odierna che, a quei tempi, si affacciavano con l’impeto tipico dei ventiduenni sul panorama musicale mondiale, senza alcuna vergogna di mostrare un atteggiamento sfacciato e citazionista del vecchio rock inglese degli anni ’60.
Ora, dopo aver spento le 30 candeline, bisogna confrontarsi con il peso delle aspettative di una critica e di un pubblico abituato fin troppo bene dalle produzioni di Alex Turner e Miles Kane che, sia in ambito solista che nei loro rispettivi gruppi, sono riusciti a creare dei lavori decisamente originali e riconoscibili al primo ascolto. Tuttavia, con il progetto The Last Shadow Puppets bisogna scavare a fondo nella storia musicale britannica per non incappare nella trappola costituita da chi è sulla cresta dell’onda da dieci anni ininterrotti.
Al primo ascolto l’album è decisamente quanto di più distante dalle produzioni di Turner e Kane con i loro progetti e, ovviamente, è una continuazione del precedente lavoro del duo. Anche in questo disco si sentono fortissime le influenze british anni ’60, con un piacere smodato per l’utilizzo di arrangiamenti di archi in praticamente tutti i pezzi, a fare da tappeto sonoro per la voce espressiva e, ammettiamolo tutti -uomini e donne- sensuale e allo stesso tempo indolente di mr. Turner.
Il disco si apre con Aviation, dove l’arpeggio di chitarra -ripetuto ossessivamente-, l’arrangiamento di archi e la voce di Turner conferiscono un tono malinconico alla canzone; la seconda traccia è la meravigliosa –diffidate da chi la critica negativamente- Miracle Aligner, dove la fanno da padrone le voci delle due menti dei The Last Shadow Puppets, che si rincorrono prima in dolci falsetti e, successivamente, si placano nelle strofe dove Miles Kane ci delizia con un cantato tanto leggero, quanto evocativo. Sicuramente un potenziale futuro singolo. Sulla falsariga dei due pezzi precedenti anche Dracula Teeth, che purtroppo non brilla come i due precedenti.
Successivamente si trova la title track del disco, che deve molto alla psichedelia beatlesiana e che dolcemente ci accompagna a The Element of Surprise, che al suo interno, oltre ai già citati archi, ha un incedere funky che non stona ma che effettivamente non ci si aspetta, soprattutto all’interno di un disco del genere. Ben fatto!
Quello che non ci si aspetta affatto e che, purtroppo, stona è il singolo Bad Habits, sterile nel suo richiamare l’identità garage-punk dei due cantautori. Purtroppo all’interno di un disco del genere è decisamente fuori luogo e solamente un arrangiamento di archi meraviglioso lo fa sembrare meno –ma non così tanto– azzardato. Fortunatamente c’è la bellissima Sweet Dreams, TN a risollevare le sorti e a condurci verso una zona ancora inesplorata in questo album dai due enfant prodige della musica inglese, ovvero un garage rock meno furioso della precedente Bad Habits, ma comunque di impatto e riconducibile ad alcune produzione dei Beatles, che perfettamente si sposa con tutto il concetto del disco. Nella fattispecie She Does the Woods è, tra le due canzoni prese in considerazione, quella che fa da tramite perfetto per la penultima e stupenda The Dream Synopsis, che inizia con un classico voce-piano per poi, poco alla volta, evolversi in una canzone coinvolgente e magistralmente arrangiata, dove ogni strumento e ogni abbellimento è posto nella corretta posizione e racchiude perfettamente lo spirito citazionista del disco e ogni sua sfaccettatura, fino ad arrivare ad un finale-climax che, infine, poco alla volta va spegnendosi. Un pezzo che viene voglia di riascoltare all’infinito.
Decisamente una buona prova per i The Last Shadow Puppets, a parte qualche passetto più o meno falso, ma che -fortunatamente- non incide più di troppo in maniera negativa sulle sorti di questo disco, tanto studiato, quanto orecchiabile. Sicuramente gli otto anni di attesa per questo secondo capitolo hanno pesato moltissimo sui giudizi, però bisogna ammettere che il lavoro svolto è molto buono e coerente con quanto precedentemente svolto, pur cercando di andare oltre per esplorare qualcosa che non si era ancora affrontato.
Chissà se fra altri otto anni i The Last Shadow Puppets sentiranno il bisogno di far uscire un terzo capitolo…
Pezzi Consigliati: Aviation, Miracle Aligner, The Dream Synopsis