Partiamo con un’ovvietà: la specie umana abita la Terra, e l’evoluzione umana è stata conforme alle necessità di questo pianeta. Eppure questa dimensione non ci è mai bastata: nella storia dell’umanità, siamo stati sempre in costante ricerca di un altrove – dai nuovi continenti ai nuovi pianeti, alle nuove galassie. L’idea di poter continuamente spostare i confini della nostra mente ci affascina e incute timore allo stesso tempo, ma cosa succederebbe se non dovesse spostarsi solo la nostra mente? Cosa succederebbe se questa nostra dimensione non ci bastasse più, non solo idealmente, ma anche fisicamente? Non tanto perché la stiamo distruggendo con le nostre mani – e quello non aiuta – ma perché inevitabilmente le sue risorse si esauriranno. E quando ciò accadrà, noi saremo pronti?
Dovremo essere pronti ad abbandonare il pianeta Terra, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto, per vivere in questi “altrove” che finora ci hanno tanto affascinato; e ad esempio, Marte, da abitare, non è tanto affascinante. Dovremmo sperare allora nella scoperta di pianeti simili alla Terra – in stile Interstellar? E – piccolo spoiler – anche nel film non è che sia proprio così facile. Ma ammettiamo che trovassimo il pianeta perfetto: sarebbe lontano, e non riusciremmo ad arrivare a destinazione completamente sani, dato che per ora i viaggi più brevi hanno dimostrato gli effetti della gravità sugli astronauti, figuriamoci su persone non allenate.
Un po’ deprimente come prospettiva – me ne rendo conto. Eppure una soluzione c’è: l’uomo deve semplicemente evolversi per adattarsi alle nuove condizioni di un pianeta diverso dalla Terra – facile no? Peccato che, come ci insegna la scienza, l’evoluzione impiega secoli per aver luogo, e soprattutto deve avvenire nel luogo stesso. Quindi dovremmo andare su Marte e aspettare che i nostri geni mutino, senza morire nel giro di pochi secondi – qualcuno ha visto The Martian?
Ma perché allora aspettare che la genetica faccia il suo corso? Perché non mutare noi stessi la genetica? Lisa Nip, giovane biologa sintetica, potrebbe avere una vera soluzione: se la biologia sintetica ci ha dimostrato come sia possibile mutare i geni con gli OGM, in modo che le piante sopravvivano ad ambienti ostili, perché non modificarli in modo che sopravvivano alle condizioni di Marte? In questo modo potremmo portare piante sul pianeta, creando una cupola atmosferica che altrimenti sarebbe impossibile trasportare.
Ma la vita umana sarebbe comunque limitata: dovremmo vivere sotto terra, date le radiazioni del pianeta. Così Nip fa un passo ulteriore: e se applicassimo lo stesso principio non solo alle piante, ma anche a noi stessi? Cambiare il nostro assetto genetico per adattarci alle nuove condizioni. Ora, che non è strettamente necessario, sembra un’idea fuori dal mondo, ma quando questo mondo dovremo abbandonarlo, forse sarà l’unica scelta possibile. Voi sareste disposti a modificare la genetica sinteticamente per la sopravvivenza del genere umano? Perché secondo Nip “accrescere le qualità del corpo umano non è più un questione di come, ma di quando”.
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