di Anita Mestriner
Zygmunt Bauman, l’autore di “Vite di corsa”, ha scritto un libro che, nonostante le esimie misure, pesa enormemente sulla mano di chi lo possiede. Ogni pagina è un grido e persino la copertina urla “svegliati!”. Se abbiamo passato tutta la vita ad occhi chiusi, guardando dallo specchio di una realtà polverosa e appannata, ora siamo costretti a lasciarci invadere dalla luce e ad aprire gli occhi. E non è entusiasmante ciò che vediamo.
Il libro inizia analizzando la nostra società, chiama dall’autore, “della modernità liquida” confrontata con le società tradizionali, ovvero “le società della produzione”. Quest’ultime sono società puramente “sovra individuali”, riconducibili alla solidarietà meccanica di Durkheim. In esse la coscienza collettiva prevale sull’individuo, “pertanto le gioie e la soddisfazione derivate da valori eterni e sovra individuali sono ritenute superiori alle fugaci estasi individuali, mentre la felicità della maggioranza viene anteposta alle pene della minoranza, considerandola di fatto l’unica soddisfazione autentica e degna in mezzo alla moltitudine dei piaceri del momento, seducenti ma falsi, ingannevoli, innaturali e degradanti”.
La società della modernità liquida, ovvero quella dedita al consumo, si può ricollegare alla solidarietà organica, sempre individuata dal sociologo positivista Durkheim. “Noi (uomini e donne che conducono la propria vita nel contesto della modernità liquida) tendiamo a respingere questo modo di far combaciare riproduzione del sistema e motivazioni individuali perché si tratta di uno spreco esageratamente costoso e, soprattutto, perché è mostruosamente oppressivo, in quanto va contro le inclinazioni e le propensioni umane”. Infatti la vita dedita al consumo, viene guidata dalla necessità di soddisfare i propri bisogni. Necessità strettamente connessa con la ricerca della felicità, che “tende a venire orientata dalla produzione di cose al loro smaltimento, indispensabile se si vuole mantenere in crescita il prodotto interno lordo.”
In pratica, non importa più cosa vuoi tu, ma cosa il mercato vuole che tu desideri e acquisti (bisogni artificiali).
Per questo “la maggiore minaccia per una società che fa della soddisfazione dei consumatori la sua motivazione e la sua finalità è proprio l’esistenza di consumatori soddisfatti”. Alla base della società dei consumi vi è la promessa di esaudire i desideri umani come in passato non si è mai riuscito a fare, ma “tale promessa rimane seducente fintanto che il desiderio resta non soddisfatto”. Infatti il vero motore dell’economia consumistica è la non soddisfazione dei desideri.
“La società dei consumi rimane florida fin tanto che riesce a rendere permanente la non soddisfazione”, difatti “vive del ricambio delle merci e tanto più si espande quanto più il denaro passa di mano in mano”. Lo sanno bene le aziende di beni durevoli, che per stare al passo con la nuova economia hanno adottato la formula della consegna gratuita e dello smaltimento a pagamento. Liberarsi di quell’oggetto che per anni ci è stato molto caro e che abbiamo desiderato ardentemente, tanto da accettare di pagarlo in rate non così corte, dovrebbe essere la formula per renderci finalmente felici.
Persino “le grandi aziende specializzate nella vendita di servizi alla persona che si concentrano sulle cure del corpo” non si sono tirate indietro, e hanno accettato la sfida. Ciò che pubblicizzano maggiormente sono servizi come la rimozione, l’esfoliazione, smaltimento di grasso corporeo, di rughe o qualsiasi imperfezione superflua e invisibile. Anche “le grandi aziende specializzate nella promozione di incontri personali” hanno adottato la formula del “qui e ora”, fornendo ai loro clienti la possibilità di bloccare chi ci potrebbe fare sentire a disagio o di segnalarlo, in modo tale da non essere più ricontattati.
Inoltre uno studio ha dimostrato che “un terzo dei ragazzi intervistati e quasi un quarto delle ragazze non vedono niente di male nel troncare una relazione attraverso un sms”. Questa cultura della liquidità ci ha portato a diventare “vite di scarto”: diventati inutili e non più fondamentali veniamo sostituiti con una facilità quasi imbarazzante. Smettiamo di esistere per l’altra persona, e il nostro ruolo, che prima sembrava essere fondamentale, si trasforma in qualcosa di marginale. In poche parole non serviamo più a nulla.
“Stephen Bertman ha coniato le espressioni cultura dell’adesso e cultura della fretta per indicare il modo in cui si vive in questo tipo di società”. In essa il tempo non è né ciclico né lineare, ma puntillistico, ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate”. Ogni punto contiene la possibilità di creare un proprio universo individuale, completamente nuovo di zecca. E così anche i punti successivi. Ed è proprio per questo che la vita dell’adesso tende ad essere “una vita di corsa”. Così si fa sempre più comunque l’idea di poter ricreare se stessi in qualsiasi momento della propria vita.
Un esempio che mi viene in mente è quello di “Invisible Monsters”, un romanzo crudo e massacrante di Chuck Palahniuk. La protagonista di questo libro, Shannon, sembra avere tutto dalla vita: è una modella bellissima, ha un fidanzato, un’amica apparentemente perfetta e una carriera nella moda che va a gonfie vele. Ma ad un certo punto della sua vita decide di compiere un gesto che modificherà per sempre la sua esistenza: si spara alla mascella, riuscendo a farlo passare come incidente da parte di ignoti. Così la ragazza rinasce in una vita che non è più la sua. Con il volto trasfigurato, la perdita dell’uso delle parole e un cinismo che non le era comune. Ed insieme al fratello, che intanto si sta sottoponendo a degli interventi per cambiare sesso, incomincia a rivivere tutta la sua storia scoprendo di avere finalmente raggiunto la felicità.
La storia di Shannon può riportarci alla definizione di “tempo puntillistico”, infatti l’autore afferma che l’unico modo per essere veramente felici con se stessi è quello di continuare a riciclarsi. Ciò si affianca alla tesi di Bauman, che afferma “l’identità viene assemblata e disassemblata in modo interminabile e sempre nuovo”. Questo perché il desiderio di fuggire da se stessi e diventare una persona completamente diversa, e possibilmente migliore, è diventata l’opzione più facile. La nostra identità di persone è perennemente a rischio, perché può essere, “assemblata e disassemblata in modo intermittente e sempre nuovo”. L’unico modo per essere considerati utili nella società dei consumi è attraverso l’educazione e l’apprendimento che devono essere continui e permanenti. Per questo “abbiamo bisogno dell’educazione permanente per avere la possibilità di scegliere. Ma ne abbiamo ancora più bisogno per salvaguardare le condizioni che rendono le scelte accessibili e alla nostra portata”.
Forse non sarò mai felice,
ma stasera sono contenta.
Mi basta la casa vuota,
un caldo,
vago
senso di stanchezza fisica
per aver lavorato tutto il giorno al sole
a piantare fragole rampicanti,
un bicchiere di latte freddo zuccherato,
una ciotola di mirtilli affogati nella panna.
Ora capisco come la gente
possa vivere senza leggere,
senza studiare.
Quando uno è stanco,
alla fine della giornata,
ha bisogno di dormire
e la mattina dopo,
all’alba,
lo aspettano altre fragole da piantare,
e così si va avanti a vivere,
vicino alla terra.
In momenti come questi sarei una stupida a chiedere di più.
Sylvia Plath
Ecco, io credo che poesie come queste possano rappresentare un’altra arma, un po’ diversa, per difendersi da questa società dei consumi, che cerca di renderci tutti uguali e lobotomizzati.
Ma le parole, l’arte, la scrittura, qualsiasi cosa porti alla luce la nostra vera anima ci innalza e ci rende luminosi, diversi, liberi.
Anche leggere poesie può renderci un po’ più liberi, perché ci rende consapevoli.