Parlare, o meglio scrivere, della bravura di Elsa Morante come scrittrice è abbastanza riduttivo, implicherebbe frasi di circostanza e concetti che, per chi ha un minimo di conoscenza della letteratura, credo siano del tutto ovvi e scontati. Elsa Morante è un pezzo di storia della letteratura italiana, europea e mondiale.
Pur muovendosi nell’ambito romano, come il marito Alberto Moravia, il percorso di Elsa Morante appare molto più appartato. La scrittrice nasce nel 1912 a Roma e, figlia di una maestra ebrea e di un padre anagrafico diverso da quello reale, trascorse un’infanzia non del tutto facile che condizionò molte delle sue propensioni letterarie, per esempio quella verso la ricostruzione fiabesca dei rapporti famigliari. La vocazione letteraria per Elsa Morante avviene molto presto e la scrittrice romana si dedica fin da giovane a racconti per bambini o fantastici.
Il suo primo grande romanzo, che uscì nel 1948, Menzogna e sortilegio, riscuote lusinghieri riscontri critici e di pubblico. La narratrice, una ragazza di nome Elisa, avverte che spesso i fatti non sono come appaiono, che gli inganni sono necessari alla vita stessa dei vari personaggi: quest’ultimi, i famigliari di Elisa, sono come coinvolti in una sorta di sortilegio stregonesco. Alla fine, infatti, possiamo notare come si compenetrino nel racconto visioni realistiche e deformazioni favolose ed oniriche. Elsa Morante, con il suo primo romanzo, vuole rappresentare la durezza del reale, introducendo nel racconto vari concetti interpretati, poi, in senso freudiano o junghiano.
Elsa Morante, grande romanziere, si dedica tuttavia anche alla poesia – Alibi, 1958 – e, come già detto, alla scrittura di racconti. Il secondo romanzo, uno dei libri più belli del Novecento italiano, L’isola di Arturo, esce nel 1957. In un’ambientazione non ben definita, comunque trasfigurata, nel periodo a ridosso della Seconda Guerra Mondiale, Arturo, il protagonista, racconta da giovane-adulto le sue storie infantili e adolescenziali. Vivendo lontano dalla realtà storica, senza una madre e in compagnia della cagnetta Immacolatella, Arturo si considera un piccolo re. Dopo varie vicissitudini si arriva a una conclusione che fa entrare questo romanzo in una categoria, se di vere e proprie categorie dovessimo parlare in letteratura – cosa che non amo particolarmente – in un racconto d’iniziazione-formazione e quasi di avventura. Anche ne L’isola di Arturo, Elsa Morante si avvale di componenti psicanalitiche molto significative.
Di fondamentale rilevanza sono i suoi studi, e di conseguenza i suoi scritti successivi, su problemi socioeconomici del suo tempo, indirizzati verso una riflessione sui destini dell’intera umanità.
Il romanzo più letto della Morante è sicuramente La Storia, uscito nel 1974. Con questo romanzo Elsa Morante affronta le storture che travolgono i singoli, e in particolari i deboli, nella grande macchina degli eventi mondiali: siamo a Roma, nel periodo 1941-47 e l’intero romanzo viene letto come un apologo, una parabola sulla crudeltà e l’indifferenza della Storia.
Elsa Morante, anche con il suo ultimo romanzo, Anacoeli, pubblicato per Einaudi nel 1982, si conferma una scrittrice sorprendente, una donna fondamentale della letteratura italiana e un romanziere la cui cifra stilistica, nonché fondamentale peculiarità, è certamente la capacità di diversificazione stilistica fra le varie opere.
La scrittrice muore nel 1985 a seguito di un infarto, a Roma, città dove nacque settantatré anni prima.