Christopher Nolan: oltre i limiti del reale

di Marco Maselli

Aspettando il prossimo film di Christopher Nolan, atteso per il 2017, non ci resta che “osservare attentamente” (citazione tratta dal film “The Prestige”, proprio di Nolan) le impressionanti sceneggiature dei suoi capolavori.
Senza andare troppo lontano, “Interstellar” è il suo ultimo capolavoro, risalente al 2014, già un colosso del genere fantascientifico.

Il film ha senz’altro il merito di aver avvicinato Einstein al grande pubblico, raccontando una storia basata sugli effetti previsti dalla teoria generale della relatività.
Hanno infatti un ruolo-chiave le distorsioni dello spazio-tempo, e in particolare la dilatazione gravitazionale che fa scorrere il tempo più lentamente in luoghi dove la gravità è molto intensa.

La colonna portante del film nasce dalle teorie del fisico teorico Kip Thorne circa la possibilità di viaggiare attraverso le galassie grazie a tunnel spazio-temporali chiamati worhole: piegando lo spazio su se stesso, accorciano le distanze fino a farle quasi coincidere, diventando così delle vere e proprie “scorciatoie” galattiche. Inoltre, come la scienza insegna, al centro del buco nero del film si trova la singolarità, un punto dove la massa è infinita. Essa genera un intensissimo campo gravitazionale, attraendo la materia al suo interno e creando un vortice detto disco di accrescimento.
Cosa succederebbe, nella realtà, se ci si trovasse così vicini a un buco nero? Non ci è dato saperlo, per ora. Di certo non sarebbe una bella esperienza.

Nel film gli esseri umani lasciano il Sistema solare raggiungendo  un’altra galassia. Questo viaggio è impossibile con le tecnologie di cui disponiamo oggi; e se pure inventassimo nuovi fantastici sistemi di propulsione, richiederebbero tempi lunghissimi e il tempo di una sola vita umana non basterebbe.
E’ necessaria quindi la presenza della “scorciatoia” galattica rappresentata nel film dal wormhole, una specie di tunnel gravitazionale, che nel film una misteriosa entità ha generosamente creato e posizionato vicino a Saturno.
In origine è stato Einstein nel 1935, insieme al fisico israeliano Nathan Rosen, a concepire l’idea del wormhole (infatti è chiamato anche “Ponte di Einstein-Rosen”). Lo si raffigura con disegni in cui lo spazio è ridotto a due dimensioni, come la superficie di un foglio.

Per andare dalla Terra a una stella lontana, stando sul piano del foglio, il percorso sarebbe molto lungo; può diventare molto breve se esistesse un «tunnel» che collegasse tra di loro due zone della superficie.

Il film introduce il concetto di wormhole con tale analogia bidimensionale, mostrando poi che nello spazio reale a tre  dimensioni il “buco d’ingresso” di un wormhole in realtà è una sfera (e il condotto del tunnel, di conseguenza, avrebbe una quarta dimensione: lo spaziotempo).

Ma è possibile attraversare un tunnel gravitazionale? Tutto ciò è scientificamente corretto seppur ipotetico: l’intensa gravità del wormhole, posto nelle vicinanze di Saturno, dovrebbe avere fortissimi effetti sul pianeta tanto da distruggerne come minimo gli anelli. Non esiste nessuna prova fisica del fatto che si possa attraversare un wormhole, supponendo la sua esistenza. Si tratta ovviamente di uno scenario fantastico.

Il primo pianeta al di fuori del sistema solare che gli astronauti incontrano, dopo aver attraversato il wormhole, si trova nell’orbita di un enorme buco nero: Gargantua.

E’ quindi un luogo, per chi osserva da lontano, in cui il tempo scorre molto lentamente. Contrariamente, per gli astronauti che rimangono sull’astronave-madre lontana dal buco nero il tempo passa velocemente poiché la gravità è molto minore. Così, quando gli astronauti scesi si ricongiungono all’astronave-madre, dopo aver passato poche ore sul pianeta, scoprono che il loro collega li ha attesi per circa vent’anni. (un’ora sul pianeta equivale a 7 anni terrestri)
Tuttavia qui non c’è nulla di paradossale.

Arriviamo alla parte finale del film dove tutto diventa “fanta” e di scienza non resta nulla. Partendo già dal nome, un buco nero è nero perché nulla (materia,onde elettromagnetiche..) può sfuggire alla sua attrazione gravitazionale. L’unico modo per scoprire cosa avviene all’interno di un buco nero è quindi visitarlo di persona. Ma l’ingresso dell’astronauta Cooper dentro Gargantua è pura fantascienza.

La realtà è, tuttavia, ben diversa.
Durante la caduta in un buco nero, la gravità aumenta continuamente. Se ci si “tuffa” in un buco nero, la forza che attrae i piedi verso la singolarità* diventa, prima o poi, molto più intensa di quella che attrae la testa.
La gravità “allunga”  così il corpo fino a disintegrarlo con quella che, in inglese, si chiama SPAGHETTIFICATION.

Dunque, l’unico astronauta che può raccontarci cosa accade all’interno di  un buco nero come Gargantua è, purtroppo,  un astronauta morto.

I tentativi di Nolan nello stravolgere le leggi della realtà non ci sono tuttavia nuovi. Del resto, la fantasia non è mai mancata all’uomo: desiderare di andare sempre più in là rispetto al presente, di rendere spiegabili eventi inspiegabili, di avere una spiegazione razionale per ogni cosa..

Artisti, musicisti, scienziati, poeti, filosofi.. ognuno nel suo piccolo ha cercato di mettersi alla prova e migliorare la propria condizione: questo, però, implica mettere in discussione i limiti vigenti. Il simbolo di oltrepassare tali i limiti è ovviamente lo spazio e la volta celeste: da sempre è presente nell’uomo la volontà di conoscere nuove realtà, nuovi mondi, spinto dal desiderio di fuggire dalla realtà che lo circonda e lo rende infelice.

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