di Diego Maroni
“Di fatto, ogni silenzio consiste nella rete di rumori minuti che l’avvolge: il silenzio dell’isola si staccava da quello del calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali, da versi d’uccelli o da un improvviso frullo d’ali.” scriveva Italo Calvino, vertice della letteratura italiana del secondo Novecento, nella novella L’avventura di un poeta (Gli Amori Difficili, 1958). Il silenzio di cui parla non è però una semplice condizione dell’ambiente: è un silenzio che si è fatto soggetto attivo e che riesce a portare con sé una serie di contenuti ben più ampia.
Durante il secolo scorso il tema del silenzio è stato esplorato, analizzato e sviluppato in ogni campo della produzione artistica. Tra i più raffinati autori che si sono dedicati a tale argomento si annovera Edward Hopper, pittore americano attivo per oltre sessant’anni del Novecento e scomparso nel 1967.
Proprio ad Hopper è dedicata la retrospettiva che ha aperto venerdì 25 marzo a Palazzo Fava, Bologna, permettendo per i prossimi quattro mesi (fino al 24 luglio) di poter ammirare dal vivo oltre sessanta opere dell’autore, giunte direttamente dal Whitney Museum (New York), possessore dell’intero lascito dell’artista dopo la sua morte.
Più che osservate, le tele di Hopper vanno “colte”: sebbene gran parte dei suoi lavori raffiguri persone intente a svolgere le più diverse mansioni, la principale sensazione che arriva allo spettatore è di un distacco quasi tangibile rispetto alla scena. I paesaggi sono freddi, pur senza essere desolati, e, sebbene le vedute siano aeree e molto ampie, l’effetto riesce a essere claustrofobico. Nelle opere di Hopper il dialogo (di rado c’è più di un personaggio) è del tutto assente per lasciare il posto allo studio psicologico dei soggetti raffigurati. Non è casuale che uno dei termini più spesso usati per definire le capacità dell’Autore vi sia quello di “cristallizzare” l’ambiente: ogni rumore è attutito, i colori sono luminosi ma mai vivaci, l’idea è di una perpetua immobilità.
All’opera di Hopper si sono ispirati, oltre a una serie di pittori di più scarsa fortuna, anche molti tra cineasti e, soprattutto, fotografi: si pensi a raccolte come “Uncommon Places” di Stephen Shore.
In breve:
- DOVE: Palazzo Fava – Palazzo delle Esposizioni, via Manzoni 2, Bologna
- QUANDO: da venerdì 25 marzo a domenica 24 luglio 2016
- ORARI: da lunedì a domenica: 10:00-20:00
- BIGLIETTI: (maggiori informazioni qui)
- € 13,00 : intero
- € 11,00 : ridotto (studenti universitari sotto i 26 anni, ecc.)