Il fenomeno Sanders in Italia. Intervista ad una traduttrice.

Di Italo Angelo Petrone

Più che un candidato delle primarie democratiche USA, Bernie Sanders è diventato un vero e proprio fenomeno, mediatico, politico e in certi termini di ribellione. Il suo messaggio, da molti considerato anacronistico e soprattutto ben lontano dalla cultura del paese a cui appartiene, ha avuto risonanza in tutto il mondo per via della sua forma particolare e della sua forza sorprendente. Del resto un socialista a tal punto convinto come lui che raccoglie consenso negli Stati Uniti, forse non lo si è mai visto nella storia democratica degli USA, o almeno non ad un livello così alto, non come un possibile candidato alla presidenza, alla Casa Bianca. La sua campagna per le primarie è stata per molte settimane data come vincente, per poi cedere contro la sua avversaria, Hilary Clinton.

Congressista indipendente del Partito Democratico americano, è un dalla giovane età: per i diritti civili, contro la guerra in Vietnam, marcia con Luther King e si laurea in scienze politiche. Di famiglia ebrea risiedente in Polonia, dal cui lato paterno molti parenti morirono durante la Shoah, decide di entrare in politica per restarci fino ai giorni d’oggi.

La sua voce e le sue parole, sintetizzate nello slogan “Feel the Bern”, sono arrivate anche in Italia. Molti media hanno parlato di questo personaggio politico, di un socialista americano, che con un pizzico di romanticismo postmoderno, in apparenza vano ma doveroso, si scaglia contro i grandi poteri finanziari che attanagliano il paese a stelle e strisce e dunque, per trasmissione finanziaria come dei virus, così anche noi europei.

Una situazione delicata, dove si vedono sempre più vicini alla vittoria delle rispettive primarie, da un lato Hilary Clinton, spesso criticata per la sua eccessiva e stagnante moderazione, e dall’altro la figura esaltata, estrema e nazionalista di Donald Trump. Oggi però, più che analizzare le primarie per la presidenza americana (cosa che vi prometto farò a breve) approfondiremo il fenomeno “Bernie Sanders” e il suo impatto in Italia, favorito anche dalla pubblicazione di un libro, la cui curatrice e traduttrice è stata intervistata da noi de Lo Sbuffo per voi.

Rosa Fioravante, 26 anni, laureanda magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla globalizzazione, ha deciso di curare un testo su Bernie Sanders: “Quando è troppo è troppo!” edito da Castelvecchi.

L’ho intervistata per voi lettori de Lo Sbuffo, per parlare di Bernie Sanders, del suo libro e di quel che se ne dice in Italia.

Hai curato un testo su Bernie Sanders, “Quando è troppo è troppo! Contro Wall Street, per cambiare l’America”, di cosa ti sei occupata in particolare?

Ho selezionato e tradotto i discorsi di Sanders che si trovano nel volume. Mia è poi la Post fazione che li segue. Il saggio conclusivo approfondisce il passato del Senatore del Vermont e la sua piattaforma politica per le primarie; inoltre vi è contenuta una breve analisi della situazione complessiva sia in casa democratica, con un ritratto della sfidante Clinton, che in casa repubblicana con una fotografia dei candidati in corsa e delle loro storie e intenzioni politiche. Quanto ai discorsi, ho accostato a quelli tenuti in campagna elettorale quelli fatti in Senato per un motivo: si è detto spesso che la forza di Sanders è la sua coerenza; ebbene, mostrare come, già anni fa, egli andasse dicendo esattamente le stesse cose che dice oggi credo restituisca un’immagine molto vivida del personaggio.

Dopo aver lavorato sul libro, c’è stata la parte di diffusione. Nella tua percezione, come è stato accolto il testo da parte dei lettori e degli interessati?

Sicuramente il volume è uscito in un momento favorevole: dopo la vittoria in New Hampshire anche i commentatori sui media italiani hanno iniziato a discutere della sua figura. Quando ad Agosto iniziai a lavorare sulla pubblicazione nessuno pareva accorgersi che Bernie fosse in campo, quasi neanche negli States a dire il vero. La ricezione italiana mi ha stupita positivamente per un dato in particolare: fra varie realtà mi stanno chiamando per presentare il volume diverse forze politiche riconducibili al centro-sinistra, alcune anche insospettabili. Paradossalmente, coloro che nel centro-sinistra sembrerebbero più distanti dalle visioni di Sanders si sono subito attivati per diffondere il volume e discuterlo, mentre gli attivisti che seguono dirigenti di spicco che citano spessissimo la sua figura stentano a fare altrettanto. Al netto di questa marginale ma curiosa differenza sono comunque felice che la sua figura attragga un pubblico politicamente trasversale e che la pubblicazione sia occasione di discussione di grandi temi di attualità. C’è poi un dato esattamente opposto a quello del sostegno a Sanders negli USA: il libro attrae moltissimo nella fascia d’età più matura mentre, pur con un buon pubblico, non ha trovato diffusione capillare fra i giovani.

Nelle parole di Sanders, che tu hai tradotto, s’incontrano spesso concetti d’uguaglianza sociale, di redistribuzione, di stato sociale, insomma di socialismo democratico, ma non trasuda la sua idea di politica estera e dunque globale, che uno stato come il suo non può non tenere in conto, potrebbe essere una sua lacuna politica?

In realtà questa è una delle tante “leggende metropolitane” che circolano sul suo conto. Rispondo spesso a questa obiezione con le parole di Tulsi Gabbard; lei era vice presidente del Democratic National Committee, si è dimessa per endorsare Sanders. Da ex membro della milizia statunitense, oggi eletta al Congresso, Gabbard ha dichiarato di sostenere Bernie perché lui è l’unico candidato in corsa ad aver chiaro cosa significhi il costo umano della guerra (ad esempio rispetto alla cura dei veterani ecc.), e ad essersi schierato contro i cambi di regime decisi dagli USA e operati in tutto il mondo dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. Per fare un esempio su tutti, la sua idea di intervento in Medio Oriente è la promozione di una coalizione di paesi arabi musulmani che muova guerra all’ISIS con il solo supporto esterno degli USA. Per altro, ha violentemente attaccato paesi come l’Arabia Saudita (fra i finanziatori della Clinton) che egli considera governati da una monarchia insensibile alle miserie del popolo e affamata solo di ricchezze, e ha già denunciato le morti degli operai in Qatar coinvolti nella costruzione delle strutture necessarie ai mondiali 2022. Insomma, non direi che non abbia una visione precisa della politica estera, piuttosto si potrebbe dire che questa dipenda molto dalla sua visione ideologica complessiva.

Secondo te che influenza può avere il messaggio e il modello politico di Sanders in Italia e, perchè no, in Europa?

Secondo me la parabola di Sanders è tanto più interessante in quanto capace di sfatare diversi miti che ormai nella politica italiana ed europea son diventati veri e propri mantra. Il suo seguito di giovani (gli under 35 sono la fascia anagrafica che lo sostiene con percentuali che superano l’80%) sfata il mito della “rottamazione” dato che lui ha 74 anni e 30 anni di carriera politica alle spalle. Il suo elettorato è composto proprio da coloro ai quali lui si rivolge, non solo giovani precari ma il ceto medio che si impoverisce, e questo è un risultato che mette a tacere anche la classica accusa di “sinistra radical chic” spesso rispolverata. La sua coerenza sfata il mito dei politici “tutti uguali” e il movimento che si è costituito intorno a lui scavalca la narrazione della politica USA “leaderistica”. Inoltre, pur essendo giudicato un estremista, tutti i sondaggi lo danno in vantaggio su tutti i possibili sfidanti repubblicani, cosa che non accade se dovesse vincere la Clinton la nomination: con questo dato viene archiviato anche il mito della presunta “eleggibilità” che starebbe sempre nella rincorsa al centro. Il suo messaggio è tutto imperniato sul fatto che quando le persone si uniscono e lottano insieme, che siano etero o gay, bianchi o neri, donne o uomini, ebrei e musulmani ecc possono riprendersi la democrazia e il governo del proprio destino. In un momento nel quale in Europa non vediamo altro che nuovi muri e divisioni operate proprio sulla base del colore della pelle o della religione ecc. credo che rimettere al centro del discorso pubblico il conflitto di classe e non quello di civiltà possa rappresentare una grande lezione per i progressisti di tutto il mondo.

La sua vittoria è molto difficile in questo momento: fenomeno di passaggio o inizio di un progetto politico che potrebbe estendersi all’occidente intero?

Lui ha espresso una volontà precisa: andare avanti fino alla convention delegato dopo delegato. Questo politicamente è un segnale molto forte perché vuol dire che vuole giocare una partita di influenza sulla piattaforma della Clinton (che rischia di andare a destra per rincorrere Trump tanto quanto si è spostata a sinistra per rincorrere lui), e per lasciare il segno nel Partito Democratico. Io vedo due strade possibili nel caso Sanders perdesse la nomination: la prima è che tutti i millennials che si sono affacciati alla politica con lui per la prima volta, insieme a coloro che si sono ri-impegnati perché disillusi o astensionisti, tornino alla disaffezione e all’astensione. È un rischio concreto perché la sua sconfitta potrebbe dare l’idea che il sistema politico-economico davvero non sia modificabile in nessun modo. La seconda ipotesi è che invece il testimone passi proprio nelle mani del movimento e dei più giovani: di fatto la campagna di Bernie la hanno fatta loro. Se così fosse, il Partito Democratico ne uscirebbe o rivoluzionato o lacerato definitivamente. Se così fosse, al di là delle sorti del partito, Bernie potrebbe aver rappresentato un momento di passaggio per qualcosa di ancora più grosso e strutturato. Certo questo secondo scenario è già in odore di wishful thinking, ma se c’è una cosa che questa campagna ci ha insegnato è che forse non tutto è possibile, ma tentare può dare delle grandi soddisfazioni.

 


Rosa Fioravante, 26 anni, laureanda magistrale in Filosofia all’Università degli Studi di Milano con una tesi sulla globalizzazione. Fino al 2015 è stata rappresentante degli studenti, responsabile esteri per organizzazione giovanile e stagista presso la giovanile dell’Internazionale Socialista. Attualmente membro del comitato di redazione della rivista di teoria e politica “Pandora”. Curatrice del volume “Quando è troppo è troppo!” su Bernie Sanders edito da Castelvecchi.

 

 

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