Danza classica e hijab: la rivoluzione di Stephanie Kurlow

Stephanie Kurlow è una ragazza australiana di quattordici anni. Studia danza da quando ne aveva due, e negli anni ha maturato un sogno: fare del palcoscenico il luogo della sua vita.

Stephanie è musulmana. Si convertì all’Islam nel 2010 insieme a suo padre, sua madre e i suoi due fratelli. Da allora porta l’hijab e per questo per qualche tempo smise di danzare, arrendevole di fronte a una sfilza di scuole in cui sembrava non essere ben accetta. Tuttavia non resistette per molto. “L’hijab è molto importante per me perchè è una parte di ciò che sono e rappresenta la bellissima religione che amo”, racconta al Mashable Australia. “Il mio hijab copre il mio corpo ma non la mia testa, il mio cuore, il mio talento”. Per questo, sulla scia di Noor Tagouri, la prima giornalista statunitense a indossare il velo in servizio, e Misty Copeland, la prima ballerina afroamericana dell’American Ballet Theatre di New York, Stephanie Kurlow è ormai pronta a sfidare i mondi di cui fa parte: l’Islam, il palcoscenico e la quotidianità. Con un progetto: riavvicinarli diventando la prima ballerina in scena con l’hijab.

https://www.youtube.com/watch?v=MYsFBDkH3uQ%20

“Desidero raccontare la bellezza della meravigliosa arte del balletto e ispirare altri giovani che non si sentono sicuri di seguire i proprio sogni a causa di ciò che indossano, del dio in cui credono o per mancanza di opportunità. […] Quei ragazzi che pensano sia impossibile realizzare i loro desideri a causa di fobie e razzismi della nostra società”.

Tali idee e determinazione hanno portato Stephanie a dare una forma più concreta alle sue aspirazioni. Ed in questa direzione va il suo progetto sul sito di crowd-funding LaunchGood: un progetto di finanziamento collettivo che sostenga i suoi studi e la sua causa; un microfinanziamento dal basso per tutti coloro che vogliono aiutarla nella creazione di un mito, di un ponte tra due culture che non sono la cristiana e l’islamica, ma la digitale, da cui proviene il suo grido alla vita, e la tradizionale, imperitura, arte scenica del balletto classico; per procedere nell’operazione di sutura chirurgica di un mondo che prima di essere vario è principalmente e fondamentalmente pari, simile, gemello di se stesso.

 

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