Anche una città così poco incline a perdersi nelle nebbie dell’intangibile, così smart, evoluta, ingessata, concreta e razionale come Milano, ha i suoi scheletri nell’armadio – o forse dovremmo dire i suoi fantasmi?! Torbide storie di passioni e omicidi debitamente sepolti dalla polvere del tempo. Immaginiamo, quindi, di fare una bella passeggiata in centro, magari in una notte grigia e vagamente uggiosa, per godere di questa prospettiva parallela e poco conosciuta, che tuttavia appartiene alla città esattamente come quella a cui siamo più abituati.
Siamo davanti a Palazzo Marino, storica sede dell’amministrazione comunale meneghina. Pare che l’edificio debba le sue origini al conte Tommaso Marino, ricco banchiere genovese, volgare e senza scrupoli, abituato ad avere tutto ciò che desiderava ponendo – in modi tutt’altro che onesti – il suo interesse davanti a qualsiasi altro. Sul finire di una vita all’insegna del trionfo della prepotenza, il conte s’invaghì perdutamente della figlia di un ricco patrizio veneziano, Arabella Cornaro, e per soddisfare il capriccioso desiderio di sposarla arrivò a dedicarle la costruzione di un palazzo sontuosissimo, nonostante gli impedimenti urbanistici dell’epoca. L’epilogo fu tragico, ma pare che il conte non abbia accettato di abbandonare il palazzo nemmeno dopo la morte, che lo colse, in totale solitudine, all’età di 97 anni.
Volgiamo le spalle a Palazzo Marino, ed ecco il Teatro Alla Scala. La notte di Carnevale del 1776 un incendio rase al suolo l’edificio. Dolo o colpa? La leggenda accorre in nostro aiuto, fondendosi e confondendosi con la storia. Pare, infatti, che l’arciduca Ferdinando, scoperto il tradimento della moglie, Maria Beatrice d’Este, con un giovane rampollo di una delle famiglie meneghine più in vista dell’epoca, abbia voluto vendicarsi: imprigionò il giovane, e all’alba, terminati i festeggiamenti, appiccò il fuoco. Peccato che gli fosse sfuggito lo scambio di persona! Un amico del giovane in vena di scherzi – e che scherzi! – aveva voluto sostituirsi a lui per godere dei favori dell’arciduchessa e finì invece legato, rinchiuso e arso vivo! Ad oggi molti si professano certi di aver percepito la presenza di un fantasma aggirarsi inquieto nelle logge del teatro, ancora in cerca della pace a lui strappata da una sorte un po’ beffarda. Altri parlano del fantasma di Maria Callas, tuttora in cerca di riscatto per una stecca presa durante uno spettacolo.
Attraversiamo la Galleria godendo della sua intramontabile bellezza fino a raggiungere il Duomo. I racconti parlano di un’inquietante figura vestita di nero con gli occhi bianchi, che pare si diletti a profilarsi nelle foto alle spalle dei novelli sposi, desiderosi quanto mai di immortalare la felicità – a lei negata – di uno dei giorni per definizione più belli della vita. Secondo la leggenda si tratterebbe di Carlina, giovane donna attanagliata dal senso di colpa per essersi concessa a uno straniero poco tempo prima delle nozze, rimanendo incinta. Salita sulle guglie, in quel luogo così suggestivo e silenzioso, incredibilmente vicino al cielo, non riuscì a sopportare il peso della bugia che aveva scelto di raccontare, cominciò a correre tra i gargoyles, urlando come impazzita, e cadde nel vuoto per poi sparire nella nebbia. Il corpo non fu mai ritrovato – si dice.
Inizia a piovere. Apriamo l’ombrello, attraversiamo Piazza Cordusio e percorriamo l’ampia Via Dante – insolitamente deserta – per arrivare al Castello Sforzesco, luogo tra i più torbidi di Milano, sede di peccaminosi intrighi, truci esecuzioni, crudeli omicidi, laidi tradimenti e atroci morti. Si racconta che nel Parco Sempione vaghino la Dama Velata, bellissima donna vestita di nero e profumata di violetta da secoli in cerca di compagnia per interrompere la sua lunga solitudine, e il fantasma di Isabella da Lampugnano che, nonostante la sua tragica morte sul rogo nel 1519, tutt’altro che in collera, pare si diverta a schernire le persone, senza far loro alcun male.
Attraversiamo il Parco in tutta la sua lunghezza. L’umidità ci penetra nelle ossa. Percorriamo Corso Sempione fino a raggiungere Villa Simonetta, oggi sede della Civica Scuola di Musica dove – 500 anni or sono – pare riecheggiassero ben altre note. La proprietaria, la ricca vedova Clelia Simonetta, era una donna lasciva e lussuriosa, dedita ai piaceri più sfrenati. In vita pare abbia sedotto molti giovani, poi misteriosamente scomparsi. Le cronache ne contano 11. Si narra che facesse esperimenti alchemici per trovare l’elisir di lunga vita – che l’abbia trovato?
Molte altre sono le leggende che ammantano di mistero l’apparentemente fredda e razionale Milano. Io mi fermo qui e lascio a voi il piacere di nuove indagini, cullati dalla piacevolezza che dà il poter colmare il vuoto tra realtà e fantasia, svelando con l’immaginazione arcani che rimarrebbero irrisolti se ci affidassimo alla mera razionalità.
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