Lettere peruviane #1

Il tumulto contento della folla viaggiante accompagna il fluire lento della fila di donne, borse e mariti. Si va verso la dogana, poi dai bagagli. I bambini piangono come prima, ma con più speranza.

Siamo a Lima, nel suo aeroporto internazionale, dal quale passa tutto il Perù che va in Europa.

I tassisti ti assaltano, con affetto intenso, ti portano verso le loro macchine, parli, porti borse, intanto ti raccontano aneddoti sulla città, tra l’afa nebbiosa.

Bisogna viaggiare verso Huamachuco, passando per Trujillo. Più di 15 ore di bus, nel nord del Perù non ci sono ferrovie. L’industrializzazione, mai avuta, è ancora aspettata da molti, illusi più che realisti.

Arrivati nella casa di alcuni responsabili del progetto ci si ferma per un succo, un bicchiere d’acqua fresca. Passeggiamo per la città, intanto conosciamo i dettagli sul progetto. Nelle strade è facile incontrare eventi elettorali. Se ne comprende anche la direzione, se onesto o meno. In una strada centrale incontriamo autobus ricolmi di manifestanti, ricoperti di gagdet e magliette che figurano le iniziali del candidato. Uno dei candidati che sta provando a recuperare la capolista Keiko Fujimori.

Passiamo, sbirciamo curiosi, i manifestanti che scendono dal bus vengono dalla provincia, si vede dall’abbigliamento, meno moderno di quello dei limegni.

Intanto ci viene spiegato il sistema delle miniere abusive, le famiglie che lo gestiscono, tanto coinvolte nel lavoro minorile quanto nel narcotraffico. Amici delle imprese occidentali e di politici peruviani corrotti.

I limegni ridono, dicono che se vince Keiko tira fuori il padre dalla galera e lo mette al governo, se vince Guzman la capitale sarà New York. I tassisti dicono che tutti i candidati sono corrotti, che pagano per vincere, lo dicono con la certezza dei disillusi.

Lo dice anche Juan che ha una bancarella di caramelle vicino ad una grande stazione di Bus. Si parte per Trujillo, la città dell’eterna primavera del Perù, 10 ore di viaggio, lineare, lungo la costa.

Il mare, come diceva l’esploratore Antonio Raimondi nel 1800, e la sabbia della costa ricorda l’Africa, ed è così.

Arriviamo a Trujillo, città di mare, il caldo è tanto forte quanto a Lima, si aggiunge l’umidità.

Una città turistica, lo straniero è visto bene, perché spende. Vicina al mare, Huanchaco è il posto più in voga. Costruzioni di era coloniale accompagnano qualche palazzo più moderno, la piazza centrale, Plaza des Armas, domina la città. Le vie pedonali sono piene di ristoranti tipici, alcuni di proprietà di italiani. I negozi di tecnologia sono tra i più visitati, quasi nessuno ha un iPhone. Pernottiamo in una camera fresca, di legno, in un albergo che ricorda una villa coloniale, con piante, fontane, scale di legno, balconcini lavorati. Sembra di incontrare qualche ricco madrileno che mise le sue basi qui, con la sua servitù. La notte il caldo scende un po’ e una birretta fresca supporta il sonno, all’indomani si parte per le Ande, la cordigliera peruviana, per Huamachuco, dove il lavoro ci aspetta.

“La sua proverbiale ricchezza, la varietà del suo territorio, che sembra riunire in sé nelle sabbie della Costa gli aridi deserti dell’Africa, nelle vaste Pune le monotone steppe dell’Asia, nelle alte cime della Cordigliera le gelide regioni polari e nelle folte selve della Montaña la fervida e lussureggiante vegetazione tropicale, m’indussero a preferire il Perù come campo d’esplorazione e di studio.

Antonio Raimondi (1826 – 1890), esploratore e geografo italiano.

Italo Angelo Petrone


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