Ibernati, risvegliati… E poi?

Negli ultimi anni uno dei temi che va molto di moda è quello dell’ibernazione. Romanzi e film fantastici spesso ci mettono di fronte alla possibilità di addormentarci e risvegliarci tra 300 o 400 anni e, ultimamente, questo potrebbe non essere solo un sogno impossibile. Tre anni fa nella provincia di Bologna, un ragazzo 27enne che ha avuto un infarto è stato indotto all’ipotermia per poi essere riportato gradualmente alla giusta temperatura corporea dopo 24 ore; inoltre ha fatto molto scalpore anche la notizia di alcuni Italiani che hanno stipulato un contratto con la fondazione Alcor, in Arizona, per l’ibernazione del loro corpo dopo la morte.

Questa idea di poter fare un salto nel tempo di qualche secolo semplicemente dormendo, ci alletta e meraviglia così tanto che ci dimentichiamo di pensare ai piccoli problemi tecnici che potremmo trovare sul nostro percorso. Primo fra tutti è che al risveglio saremmo probabilmente soli – a meno che non abbiamo deciso di ibernarci con tutta la famiglia, chiaro! – senza parenti né amici, ci troveremmo in un mondo dove nessuno ci conosce e ci vuole bene per quello che siamo.

Nessuno ci darà la garanzia che sapremmo fare ancora il nostro lavoro. Con la velocità con cui si sviluppa la tecnologia, potremmo svegliarci e scoprire che il nostro lavoro è svolto da macchine o che le conoscenze che abbiamo non sono più sufficienti a svolgere i nostri compiti.

Un altro fattore che molti sottovalutano è la mentalità: infatti anche il pensiero si evolve. Potremmo ritrovarci in una società il cui pensiero si è sviluppato tanto da essere molto lontano dal nostro e ciò accentuerebbe solo il senso di solitudine e inadeguatezza.

E la lingua? Anche la lingua potrebbe essere un problema! Basti pensare all’italiano di 300 anni fa, che era molto diverso da quello attuale. Anche se i cambiamenti linguistici non fossero un ostacolo alla comunicazione, sarebbero sempre necessari tempo e fatica per imparare una lingua così lontana da quella attuale.

Risvegliarsi quindi fra qualche secolo non è una cosa semplice da affrontare e, nonostante la scienza ancora non sia in grado di ripristinare tutte le funzioni vitali del corpo, le persone che scelgono di intraprendere questa strada stanno aumentando di anno in anno. Coloro che decidono di congelarsi lo fanno con la speranza di risvegliarsi in una realtà in cui il progresso della scienza sarà tale da poterli curare dalla malattia che li avrà portati alla morte o semplicemente per sperimentare l’avventura di una vita in un’epoca futura, perché l’immortalità ha sempre affascinato l’uomo e l’ibernazione è il primo passo verso di essa.


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