James Vanderbilt fa il suo debutto come regista con Truth – Il prezzo della verità. Il film è un adattamento cinematografico di Truth and Duty: The Press, The President and the Privilege of Power, la raccolta di memorie della giornalista Mary Mapes, che fu coinvolta nel caso Rather, dal nome del giornalista Dan Rather: egli, a un paio di mesi dalle elezioni presidenziali, rivelò in un’intervista televisiva di essere a conoscenza di presunti favoritismi che il presidente George W. Bush dispensò durante il periodo della guerra del Vietnam.
A produrre il reportage investigativo nel film è proprio Mary Mapes (Cate Blanchett) e a presentarlo è appunto Dan Rather (Robert Redford): vengono presentate le prove secondo le quali dal 1968 a 1974 il presidente Bush avrebbe trascurato il proprio dovere, prestando servizio come pilota per l’Aeronautica del Texas. Tuttavia, dopo pochi giorni non sono i registri del servizio militare del presidente ad attirare l’attenzione, bensì le indagini giornalistiche con cui è stato realizzato il reportage: le prove riportate vengono denunciate come false e i giornalisti coinvolti vengono accusati di cattivo giornalismo. Ci si concentra sui particolarismi di quei documenti anziché sulla vicenda in sé, facendo sì che i fatti raccontati vengano riportati nell’ombra e trascinando invece Mary e Dan al centro di una bufera mediatica.
Il genere
Si tratta di un film d’inchiesta, proprio come il recentissimo Il caso Spotlight, cosa che potrebbe giocare a sfavore di Vanderbilt; tuttavia ci sono alcune differenze da notare. Infatti stavolta si approfondisce anche la componente umana dei personaggi: la figura di Mary Mabes non viene presentata solo in veste di giornalista, ma vengono anche spiegate le sue vicende familiari allo scopo di far meglio comprendere allo spettatore di fronte a che tipo di donna si trova. In questo modo è più semplice capire perché Mary è determinata e tenace nello svolgere il proprio lavoro e fino a che punto viene colpita dal disastro legale e mediatico; si sottolinei poi che Cate Blanchett è stata, per l’ennesima volta, capace di interpretare il personaggio magnificamente e nient’altro può essere aggiunto.
Il tema
Mostrare come sia instabile e relativo il concetto di scandalo è estremamente interessante e illuminante. Quando noi ci aspettiamo che milioni di persone si indignino nello scoprire gli scheletri nell’armadio del presidente, ecco che invece questi scheletri non sono altro che mucchi d’ossa. L’attenzione mediatica viene abilmente e subdolamente spostata sull’ambiente giornalistico, sui cavilli legali legati ai documenti portati come prove del servizio: ciò che è realmente importante, il contenuto, viene messo in secondo piano, si discute invece sulla discussione stessa del contenuto. Questa è la dimostrazione della tendenza terribilmente pericolosa a distrarre la gente dai punti scottanti, di come sia facile decentrare la vera essenza dei problemi e traslare la polemica sugli aspetti marginali e formali della questione, manipolando così l’opinione pubblica. Sollevare infatti una polemica su non cosa hanno scoperto dei giornalisti, ma su come l’hanno fatto creerà in chi ascolta l’idea che l’imputato non sia più il presidente, ma lo staff giornalistico.
La regia
Film tecnicamente irreprensibile; inoltre, il fatto che si tratti di un debutto a livello registico non fa che giocare ulteriormente a favore della pellicola.
Se quindi siete interessati a un film di inchiesta, ma anche alle dinamiche politiche e mediatiche con cui si cerca di raccontare una verità scomoda, questo film è imperdibile: come diceva Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario“.
Fonti
Crediti